@wcposting

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«Eh, prova a buttare una carta per terra in Svizzera!»
Quante volte ho sentito questa frase.
Milioni.
E un bel giorno mi sono rotto il cazzo.
Così prenoto un volo per Zurigo, metto in valigia due paia di mutande sporche, dei fogli di carta e parto, per capire un po’ che minchia succede se butto una carta per terra in Svizzera.
Arrivo in Svizzera.
Bellissimo.
L’aria è salubre, ci sono le marmotte che confezionano dei panetti di smegma, delle montagne altissime. Gli svizzeri simpatici come i ricci di mare quando ci caschi sopra di scroto. Parlano in un modo strano, tipo come se avessero dei panetti di smegma in bocca. Poi ti appiccicano un adesivo sulla macchina, tu paghi, e ti puoi suicidare col monossido di carbonio della tua macchina a spese della Svizzera. Sono avanti sull’eutanasia. Se uno vuole morire basta che va in Svizzera. Firmi due carte, porti qualche certificato dove specifichi che ti sei rotto la fava del nero gorgo dell’esistenza e arriva Morpheus di Matrix.
«Pillola rossa è cioccolato Novi, pillola blu una dose letale di barbiturici».
Ovviamente quasi tutti scelgono il cioccolato Novi con la granella di pistacchio. Gli altri invece si buttano nudi sotto un treno.
Comunque.
Visito tutta la Svizzera. Una miriade di paesaggi da non credere. Poi in Svizzera hanno i cantoni. Io c’ero andato, oltre che per la storia delle carte per terra, anche perché avevo capito male: in Svizzera hanno i cartoni, avevo capito.
Invece no. I cantoni. Che son tipo degli angoli, ma più grossi. Qualcosa che ha a che fare col federalismo. Ma io di federe, lenzuola e quelle cose lì mai capito niente. Dormo in un sottoscala come Harry Potter, su un pagliericcio.
Quindi.
I cantoni della Svizzera sono 800.000. Le città 2. Zurigo e Lugano.
“A Lugano te lo prendono in mano”, è il motto della città di Lugano, mentre il motto della città di Zurigo è “Non dire Zurigo se hai un cadavere in frigo”.
A Lugano vendono la marijuana come deodorante per gli armadi. Cosa volere di più dalla vita? Un Lugano. Così vado da un pusher di strada, gli chiedo dell’erba e quello mi vende del deodorante per armadi alla lavanda. Rollo un bel cippone e mi si apre il quinto occhio.
Sono nella matrice. Pomodoro, guanciale e pecorino. Chi mette la cipolla gli tagliano i coglioni, anche a Lugano. Dopo questo breve viaggio astrale rientro nel mio corpo e decido di provare a buttare una carta per terra.
Mi guardo intorno circospetto, tiro un petto, prendo una carta dalla valigia e le butto in terra.
Apriti cielo!
Non succede nulla.
Così butto un’altra carta, e un’altra e un’altra.
Niente.
Dopo aver cosparso Lugano di carte compare uno sbirro svizzero, tipo quello di Aldo, Giovanni e Giacomo, però negro. È Morpheus.
«Ué Terun!» Mi porge le pillole.
Scelgo quella blu.
La dose letale.
Sbavo bava, cago vignette, vomito raclette.
Un attimo prima di tirare le cuoia, mi appare Dio in tutto il suo splendore. È uguale a Olindo Romano, il vicino di casa che non si vorrebbe mai avere.
«Svizzero?» mi chiede.
«No, Covid» rispondo.
Poi crepo.
Mi risveglio sul mio pagliericcio, era tutto un incubo. Metto su la moka, sorseggio il caffè, fumo un frappè e indosso la tuta da lavoro.
M’attende un’altra lunga giornata nella fabbrica di panetti di smegma.

Norrea Ugo

Germania

Berlino