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Zampillante fonte di curiosità superflue
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Natura morta - Fette di salmone e sardine
1924
Colore su carta
Tsuchida Bakusen (1887–1936)
Sulla soglia dell'eternità
1890
Olio su tela
Vincent van Gogh (1853–1890)
Essa venne realizzata intorno all'anno 1000 dal poeta Ferdowsī (lett. Paradisiaco), un dehqan, cioè un esponente della bassa nobiltà iranica di origine sasanide la quale, pur avendo abbracciato l'Islam, si gloriava delle tradizioni mitologiche iraniche di cui si riteneva depositaria. A questo proposito, è bene notare che lo Shahnameh consiste nella più lunga opera epica mai realizzata da un unico uomo.
Dalla prima stesura, il testo circolò rapidamente, trovando larghissima fortuna. Così, sia per omaggiarne la memoria, sia per aumentare il proprio prestigio, numerosi furono i re di Persia a commissionare una propria versione. La più famosa di queste, e magnificamente decorata con miniature di frequenza e qualità elevatissime, fu quella cinquecentesca dello shah Tahmasp, e perciò detta safavide.
Questa versione, concepita come dono e insieme sfoggio di potenza nei confronti del sultano ottomano, venne conservata a lungo nel palazzo di Costantinopoli, accumulando note e composizioni a lato che ambo ne impreziosivano il contenuto e testimoniavano l'attrattiva. Essa si mantenne intatta finché, con la caduta del Califfato nel XX secolo, non cadde nelle mani degli occidentali, che ne dispersero il contenuto.
In allegato si riportano alcune delle miniature di maggior pregio con annessa illustrazione di alcuni personaggi:
1. La corte di Kayumars, mitologico sovrano e legislatore primigenio degli Iranici;
2. Farīdūn attraversa il fiume Dijla, campione di giustizia ed eroe indefesso, protagonista di una rivolta vittoriosa;
3. Haftvād e il verme, figura semistorica di piccola nobiltà responsabile di un proditorio attacco ai danni dello shah sasanide Ardashir per mezzo di un animale dai poteri magici;
4. Cosroe Parviz è salvato dall'angelo Surush, laddove l'ultimo grande sovrano dell'Iran preislamico, messo all'angolo da un usurpatore, viene salvato da Dio grazie alla sua pietà.
L'invasione dei barbari
1887
Olio su tela
Ulpiano Checa
Belisario chiede l'elemosina
1781
Olio su tela
Jacques-Louis David
L'opera raffigura il grande generale romano Belisario ormai in disgrazia, vecchio, cieco ed in compagnia di un bambino, mentre protende l'antico elmo da guerra chiedendo l'elemosina. A riconoscerlo è solo un soldato, che un tempo aveva militato ai suoi ordini.
Il messaggio morale dell'opera è la caducità della gloria terrena.
La venerazione del santo cane fu specialmente forte fra il popolino della zona di Lione, e in particolare fra i genitori, che si rivolgevano a Guinefort per la tutela dei figli piccoli, i quali erano oggetto di un singolare rito.
Si credeva, infatti, che i bambini fossero segnatamente esposti all'influenza nefasta di spiritelli demoniaci, i quali li rapivano per sostituirli con pargoletti identici in tutto e per tutto. Per far fronte a questa esigenza, toccava appellarsi a Guinefort.
Per mezzo dell'immersione sacra nelle acque del fiume, lo spirito del cane sarebbe disceso sui bambini da esso prediletti, separando quelli veri da quelli finti: i primi si sarebbero sollevati senza problemi, mentre gli ultimi sarebbero rimasti, morti, alla corrente.
Sembra che il culto di san Guinefort venne importato in Italia sull'onda della dominazione angioina nel Meridione. Dal XIII secolo, infatti, i re di Napoli furono anche conti di Provenza, e al bacino occitano attinsero grandemente sia per rimpinguare i ranghi del proprio esercito, sia per informare le schiere della nobiltà con elementi fedeli.
Torri genovesi nel Mar Nero
1895
Olio su tela
Ivan Aivazovsky (1817–1900)
Nel quattordicesimo secolo la Repubblica Genovese acquistò la città di Teodosia, sulla costa crimeana, dal Khanato dell'Orda d'Oro.
Questo insediamento, ribattezzato Kaffa, divenne il porto maggiore e centro amministrativo delle colonie genovesi attorno al Mar Nero. Ospitava uno dei più grandi mercati di schiavi in Europa e fu uno dei punti d'arrivo della Via della Seta.
Ibn Battuta stesso visitò la città e scrisse: "Scendemmo al porto e vedemmo una rada meravigliosa con circa duecento navi, sia belliche che mercantili, piccole e grandi, in quanto è uno dei porti più celebri al mondo".
Il vecchio susino
1646
Fusuma a quattro pannelli; inchiostro, oro e foglia oro su carta
Kanō Sansetsu (1589–1651)
I portatori di lanterna
1908
Olio su tela montata su cartone
Maxfield Parrish (1870–1966)
La vecchia torre nei campi
1884
Olio su tela
Vincent van Gogh
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