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Regione di Vladivostok, la scogliera della penisola Brus ed il suo affaccio sull'Oceano Pacifico.
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Vladivostok, il panorama dalla punta meridionale dell'isola Russkij.
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Vladivostok, capitale dell'Oriente russo.
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Shanghai, l'area di Pudong - cuore finanziario della megalopoli e specchio del suo mercantilismo - vista in notturna da Waitan (Bund).
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Or fatta inerme,
Nuda la fronte e nudo il petto mostri.
Oimè quante ferite,
Che lividor, che sangue! Oh qual ti veggio,
Formosissima donna! Io chiedo al cielo
E al mondo: dite dite;
Chi la ridusse a tale? E questo è peggio,
Che di catene ha carche ambe le braccia;
Sì che sparte le chiome e senza velo
Siede in terra negletta e sconsolata,
Nascondendo la faccia
Tra le ginocchia, e piange.
Piangi, che ben hai donde, Italia mia,
Le genti a vincer nata
E nella fausta sorte e nella ria.
Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive,
Mai non potrebbe il pianto
Adeguarsi al tuo danno ed allo scorno;
Che fosti donna, or sei povera ancella.
Chi di te parla o scrive,
Che, rimembrando il tuo passato vanto,
Non dica: già fu grande, or non è quella?
Perché, perché? Dov'è la forza antica,
Dove l'armi e il valore e la costanza?
Chi ti discinse il brando?
Chi ti tradì? Qual arte o qual fatica
O qual tanta possanza
Valse a spogliarti il manto e l'auree bende?
Come cadesti o quando
Da tanta altezza in così basso loco?
Da “All'Italia”, Giacomo Leopardi, 1819
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Maurizio Vezzosi
Italian freelance analyst, reporter per comunicare, to comunicate, для связи @MaurizioVezzosi\_message\_bot
Rispetto alle carenze numeriche delle forze armate la mobilitazione della popolazione carceraria – sia maschile che femminile – che le autorità di Kiev hanno avviato sembra destinata a mitigare forse il problema, ma certamente non a risolverlo. All'entrata in vigore della legge alcuni camionisti hanno risposto organizzando dei blocchi stradali lungo l'autostrada tra Odessa e Kiev. La categoria è infatti una delle maggiormente interessate dai nuovi provvedimenti: diversamente da quanto avveniva in precedenza in base a questi ultimi molti camionisti potranno essere arruolati forzosamente durante controlli stradali o di frontiera. L'attacco russo ha aggravato la situazione demografica ucraina, già alla prese con una natalità molto bassa dal collasso sovietico: i problemi demografici del paese sono destinati a determinare pesantissime conseguenze a medio e lungo termine sul piano economico. Milioni di persone sono state spinte ad allontanarsi dal paese sia legalmente che non. Decine almeno sono gli ucraini affogati negli scorsi mesi nel fiume Tibisco (Tisa) nel tentativo di attraversare clandestinamente il confine con la Romania e sottrarsi così alla mobilitazione forzata.
Secondo l'UNHCR già nel 2023 gli ucraini che avevano lasciato il paese erano circa 8 milioni: la stessa istituzione nel febbraio scorso stimava il numero degli ucraini che avrebbero abbandonato il paese in circa 6 milioni e mezzo. Su quale sia oggi il reale numero degli abitanti dell'Ucraina mancano dati precisi, benché sia possibile arrivare a delle ragionevoli approssimazioni. Dai 45 milioni di abitanti del 2014, dopo il colpo di mano russo in Crimea e l'insurrezione delle regioni orientali la popolazione nei territori sotto il controllo di Kiev si è era già ridotta di alcuni milioni. Il censimento ucraino del 2019 attestava la popolazione del paese alla soglia dei 37 milioni, senza il conteggio della popolazione dei territori sotto controllo russo. Il numero reale di abitanti dell'Ucraina potrebbe dunque essere al di sotto della soglia dei 30 milioni: di questo avviso è ad esempio l'ex ministro dell'interno ucraino Nikolay Azarov. per il quale la popolazione ucraina si sarebbe ridotta addirittura a 23 milioni. Pur mancando dati certi sul numero esatto di uomini potenzialmente utilizzabili per le attività militari gli elementi a disposizione sono sufficienti ad indicare il vantaggio delle forze armate russe in un numero di uomini arruolabili almeno 5-6 volte maggiore rispetto a quelle ucraine.
Un dato che insieme alla congiuntura politica ed economica del continente risulta emblematico,
mostrando come il sacrificio di altre migliaia di giovani ucraini non possa che lasciare comunque disattese, come i precedenti, le promesse della dirigenza ucraina.
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Maurizio Vezzosi
Italian freelance analyst, reporter per comunicare, to comunicate, для связи @MaurizioVezzosi\_message\_bot
Nonostante il mandato quinquennale di Vladimir Zelensky si sia concluso il 20 maggio scorso, né gli Stati Uniti né le principali cancellerie dell'Europa occidentale sembrano voler mettere in discussione nell'immediato il suo ruolo. O almeno non pubblicamente, considerati gli evidenti “malumori ucraini” in seno all'amministrazione Biden. Alla questione della legittimità dell'ex comico si sommano le difficoltà economiche e militari del paese: in particolare, rispetto alle seconde, i numeri delle forze armate rappresentano uno dei maggiori problemi per la dirigenza ucraina. Sia negli mesi scorsi che più di recente queste problematiche hanno fatto emergere forti tensioni tra il presidente Vladimir Zelensky e l'ex capo dello stato maggiore Valery Zaluzhny, poi destituito. Alle prese di posizione di Zaluzhny, insistenti sulla necessità di incrementare il reclutamento di militari, si sono aggiunte quelle di Kirill Budanov - capo dei servizi militari - sostanzialmente sulle medesime posizioni.
Lo scorso 18 maggio in Ucraina è ufficialmente entrata in vigore la nuova legge che regolamenta la mobilitazione – anche forzoso – dei militari. Tra le principali novità attuate ci sono l'abbassamento della soglia anagrafica per il reclutamento dai 27 ai 25 anni oltre all'interruzione di tutti i servizi consolari per i cittadini ucraini all'estero, come ad esempio il rinnovo del passaporto, senza i documenti di avvenuta presentazione presso gli uffici militari. La legge rappresenta un ulteriore inasprimento del controllo sulla popolazione soprattutto maschile, ma non solo: la nuova legge ormai in vigore riguarda infatti anche le donne, introducendo obblighi di carattere militare per il personale sanitario femminile.
Mentre i dati pubblicati dalla Banca mondiale fotografano la situazione di un paese in cui circa un ucraino su tre si trova in condizioni di povertà Vladimir Zelensky ha sottolineato l'importanza di queste scelte per mettere a disposizione delle forze armate circa mezzo milione di nuovi combattenti, pur omettendo un dato fondamentale: considerando il numero degli abitanti dell'Ucraina ed i suoi problemi attuali è estremamente difficile che mezzo milione di uomini possa essere mobilitato senza coinvolgere i lavoratori di settori strategici – energia, chimica, siderurgia, telecomunicazioni, forze di polizia, personale sanitario, logistica - . Un esempio di ciò è la situazione della più grande acciaieria nei territori sotto il controllo di Kiev, quella di Krivy Rog, proprietà di Acerlor-Mittal. Come ha scritto il Financial Times dei diciottomila lavoratori dell'acciaieria dal febbraio 2022 ne sono stati mobilitati ben tremila cinquecento, contribuendo a determinare un forte calo della produzione. La stessa dirigenza di Acerlor-Mittal ha dichiarato che se la mobilitazione del personale proseguirà sarà l'esistenza stessa dell'acciaieria ad essere a rischio.
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Maurizio Vezzosi
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Il mancato riconoscimento ufficiale dello stato palestinese da parte dell'Italia non fa che protrarre la condizione di ingiustizia e di inumanità in cui i palestinesi si trovano dal 1948. Un'Italia coerente con la propria natura di paese mediterraneo avrebbe riconosciuto la Palestina ben prima del 7 ottobre del 2023 e ben prima che altri paesi membri della NATO lo facessero in questi giorni. Occorre dirlo chiaramente: decenni di promesse e di buoni propositi hanno contribuito a determinare quanto oggi avviene a Gaza ed in Cisgiordania. Della necessità di uno stato palestinese parla ormai, forse non senza una certa strumentalità, anche una parte dell'opposizione israeliana. Piaccia o non piaccia tutte le fazioni palestinesi parteciperanno alla costruzione del loro stato, giocando un ruolo proporzionale alla loro reale forza: se questo processo verrà ostacolato – dall'interno o dall'esterno – lo stato palestinese nascerà menomato e a farne le spese saranno ancora una volta i palestinesi. Chi solleva obiezioni sulla legittimità di questa o quella componente dovrebbe ricordare come l'ascesa del radicalismo religioso tra le fazioni palestinesi sia stata favorita, oltre che dalla congiuntura internazionale post-1991, dalla stessa dirigenza israeliana. Un problema che non può certo costituire un alibi. La questione palestinese offre oltretutto lo stimolo per riformare l'ONU ed i meccanismi istituzionali che lo costituiscono - inclusi quelli del Consiglio di Sicurezza: quella di una riforma volta a rendere l'architettura dell'ONU più efficace e più rappresentativa degli equilibri geopolitici del nostro tempo è una necessità irrimandabile, come rilevato recentemente anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. L'attuale fase della guerra potrà chiudersi soltanto con la creazione di uno stato palestinese: ciò non significa, come è ovvio, che la fondazione di uno stato parallelo a quello israeliano risolverà in quanto tale tutti i problemi con cui i palestinesi fanno i conti dal 1948, ma segnerà certamente un passaggio epocale per tutto il Mediterraneo ed il Vicino Oriente, così come per gli equilibri geopolitici generali del nostro mondo.
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