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Il buon vecchio sociologo e filosofo polacco Zygmunt Bauman (non uno scappato di casa) parlava di “retrotopia” per indicare l’utopia che idealizza il passato, considerato più rassicurante.
Secondo Bauman, l’attitudine delle donne e degli uomini di oggi a cercare nel passato il senso della vita deve essere interpretata come una forte domanda di senso, che deve essere assolutamente ascoltata. Questa “retrotopia” celerebbe in realtà una disperata domanda di futuro e di una società che sappia riscoprire la prossimità e tessere relazioni solidali fraterne.
La retrotopia è l’utopia al contrario. Per la gioia del buon Tommaso Moro e di chi spinge sull’acceleratore del vintage e del marketing della nostalgia.
Ciao e buon venerdì!
la guerra è un’ossessione dei vecchi, che mandano i giovani a combatterla.
Baricco dalla rivisitazione dell’Iliade.
Buona giornata! ?
“Parlare oscuramente lo sa fare ognuno, ma chiaro pochissimi”
Galileo pronunciò questa celebre frase nelle sue "Considerazioni al Tasso", un'opera in cui analizzava lo stile e il linguaggio del poeta Torquato Tasso. Con questa affermazione, Galileo sottolineava l'importanza della chiarezza e della precisione nella comunicazione, in contrapposizione all'oscurità e alla vaghezza spesso utilizzate per mascherare la mancanza di idee chiare o per impressionare l'interlocutore.
Come avrete notato sto pubblicando tutti i giorni, o quando mi ricordo, delle citazioni o dei passaggi presi da libri che ho letto.
Devo dire che questa cosa mi piace molto di più che condividere cose che metto sui social, visto che quelle si possono trovare sui social! Quindi, sperando di fare cosa gradita, continuerò in questa direzione con una sorta di esclusiva per gli iscritti ai canali Telegram e whatsapp.
Visto che leggo tanto non vedo perché queste letture debbano rimanere solo nella mia testa ?
Era una fredda e tersa giornata di aprile e gli orologi battevano le tredici. Winston Smith, il mento incassato nel petto per sfuggire al vento avverso, s’infilò svelto tra le porte a vetri dei Victory Mansions, ma non abbastanza in fretta da impedire a un turbine di polvere granulosa di entrare con lui.
Quando si dice sapere "iniziare un libro". Il buon vecchio Orwell, 1984
Ciaooo!
Decalogo del lettore, di Daniel Pennac
Nelle situazioni in cui la lettura, normalmente, viene presentata come un dovere, Pennac la pone come un vero e proprio diritto – da cui il decalogo – perché «le nostre ragioni di leggere sono strane quanto le nostre ragioni di vivere».
1) Il diritto di non leggere.
Libro o tv? Libro o passeggiata? A secondo del nostro umore, a secondo del nostro “momento” di vita, abbiamo il diritto di lasciare il libro sul comodino, abbiamo il diritto di fargli aspettare il suo turno, qualche volta ci sono altre priorità.
2) Il diritto di saltare le pagine.
Se il libro è noioso, abbiamo il diritto di saltare qualche pagina, nella speranza che la narrazione migliori, che la trama diventi più avvincente, che il saggio sia meno soporifero. O per arrivare il prima possibile all’ultima pagina.
3) Il diritto di non finire un libro.
Tutti, anche i lettori più “voraci”, hanno lasciato, almeno una volta nella loro vita, un libro a metà, o dopo poche pagine, e non lo hanno mai completato. Colpa dell’autore? Colpa nostra che erroneamente, indotti da copertina o testi di quarta, ci aspettavamo tutt’altro? L’ideale sarebbe riprenderlo dopo un bel po’ di tempo e vedere che succede…
4) Il diritto di rileggere.
Senza ombra di dubbio: se un libro ci è piaciuto alla follia, dobbiamo rileggerlo.
5) Il diritto di leggere qualsiasi cosa.
Secondo Pennac non ci sono “buoni” e “cattivi” romanzi, tutti possono leggere quello che vogliono.
6) Il diritto al bovarismo.
Il bovarismo, ovvero «la soddisfazione immediata ed esclusiva delle nostre sensazioni: l’immaginazione che si dilata, i nervi che vibrano, il cuore che si accende, l’adrenalina che sprizza, l’identificazione che diventa totale e il cervello che prende (momentaneamente) le lucciole del quotidiano per le lanterne dell’universo romanzesco».
7) Il diritto di leggere ovunque.
Nella società di oggi, dove il tempo è denaro, dove bisogna sempre correre, ogni luogo è giusto per leggere; il diritto di leggere ovunque – treno, tram, aereo, nave, bus, in fila, in attesa di qualcuno… – è indispensabile. L’esempio di Pennac è lampante: il soldato che legge Gogol mentre pulisce le latrine.
8) Il diritto di spizzicare.
«È la libertà che ci concediamo di prendere un volume a caso della nostra biblioteca, di aprirlo, dove capita e immergercisi un istante, proprio perché solo di quell’istante disponiamo.
Quando non si ha né il tempo né i mezzi per concedersi una settimana a Venezia, perché negarsi il diritto di passarvi cinque minuti?».
9) Il diritto di leggere a voce alta.
Perché leggere a voce alte? «Per la meraviglia. Le parole pronunciate si mettevano ad esistere al di fuori di me, vivevano veramente».
10) Il diritto di tacere.
«L’uomo costruisce case perché è vivo, ma scrive libri perché si sa mortale. Vive in un gruppo perché è gregario, ma legge perché si sa solo. La lettura è per lui una compagnia che non prende il posto di nessun’altra, ma che nessun’altra potrebbe sostituire.
Le nostre ragioni di leggere sono strane quanto le nostre ragioni di vivere. E nessuno è autorizzato a chiederci conto di questa intimità».
Daniel Pennac
E con questo… buon quasi Ferragosto!
Perciò il mero volere e anche il mero potere non sono ancora in sé sufficienti; un uomo deve pure sapere ciò che vuole e sapere ciò che può: solo così mostrerà carattere, e solo allora potrà compiere qualcosa di buono.
Arthur Schopenhauer non era uno scappato di casa eh ;)
Buona torrida giornata!
È curioso a vedere che quasi tutti gli uomini che vagliono molto, hanno le maniere semplici; e che quasi sempre le maniere semplici sono prese per indizio di poco valore
Giacomo Leopardi
Buona domenica!
Noi diventiamo ciò che vediamo. Diamo forma ai nostri strumenti e poi i nostri strumenti danno forma a noi.
Marshall McLuhan
E con questa, buon fine settimana!
Qual è il segreto della longevità? (Corrado Augias tocca il tavolino di legno e accenna un altro gesto apotropaico).
«La serenità. Conosco colleghi bravissimi ma invecchiati male, rancorosi, in credito con il mondo. Io sono una persona serena. Non invidio, non desidero. Prendo quello che viene, non rimpiango quello che non è venuto e non verrà».
Quando uno è un pezzo di M lo rende evidente al mondo con questi "piccoli dettagli"
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