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Trapani, tortura e abuso d'autorità contro detenuti del carcere Pietro Cerulli: arresti domiciliari per 11 agenti di polizia penitenziaria e sospensione per altri 14. In totale 46 indagati
A incastrarli le telecamere installate dopo le denunce dei reclusi
Oggi, 28 ottobre, al tribunale di Roma si sono svolte due udienze riguardanti fatti avvenuti durante lo scorso anno, nel corso della mobilitazione al fianco del compagno Alfredo Cospito e contro il 41 bis e l'ergastolo ostativo. Una delle due si è conclusa con un rinvio mentre l'altra con una condanna di primo grado a 4 mesi per un compagno e a 3 per un altro con pena sospesa più migliaia di euro di risarcimento per le guardie. A Roma, come in altre città, la macchina repressiva si è messa in moto per colpire la solidarietà. Nonostante l'odio per questi luoghi un gruppo di compas ha dato vita ad un presidio perché nessunx va lasciatx solx di fronte alla repressione.
La lotta continua e la solidarietà è una delle nostre armi.
No 41 bis, no ergastolo ostativo, Alfredo libero! LIBERX TUTTX
PRESIDIO AL CARCERE LORUSSO CUTUGNO, TORINO
3 NOVEMBRE // RITROVO AL CAPOLINEA TRAM 3, ORE 16.30
CONTRO I MILLE VOLTI DEL RAZZISMO DI STATO
Il 7 maggio del 2016 si svolgeva al Brennero una giornata di lotta contro la decisione dello Stato austriaco di erigere un muro sul confine con lo Stato italiano. Nelle teste e nei cuori di chi quel giorno si è battuto, al di là di ogni garanzia di successo, era ed è scolpito un obiettivo: abbattere i muri che dividono i popoli e sconvolgere la pace sociale che unisce le classi. Dopo quella giornata molti compagni e compagne sono stati processati arrivando a condanne molto pesanti. Qualche anno più tardi, motivato da un razzismo di Stato ormai divenuto incandescente, il fascio-leghista Traini, ex candidato della Lega, sparava contro chiunque avesse la pelle nera per le strade di Macerata. Otto giorni più tardi il tour elettorale di Salvini prevedeva una tappa a Rovereto. Per chi aveva deciso che fosse inaccettabile la presenza di quello che a tutti gli effetti era il mandante di quell’infamia, gli scontri con la polizia non sono stati che la logica conseguenza. In seguito a questi due momenti di lotta Giulio, nostro compagno, si trova ora in carcere a Torino con una condanna di 4 anni e 3 mesi.
Oggi che la prigione a cielo aperto di Gaza ci mostra lo scopo reale di ogni frontiera, tanto più brutale quanto più è materialmente eretta, che i coloni sionisti ci fanno vedere quale brutalità può raggiungere il razzismo di Stato; oggi che con il ddl 1660 la guerra dichiarata contro chiunque decida di alzare la testa si rende sempre più esplicita; oggi che in nome di una “sicurezza” che è esclusivamente quella dei padroni che ci stanno portando verso il baratro, le barriere sono come poche altre volte nella storia l’emblema del nostro presente e il razzismo di Stato ne è una delle espressioni.
Scegliere da che parte stare è già l’inizio di una libertà possibile. Giulio lo ha fatto, e noi saremo al suo fianco.
A seguito di ciò, pensiamo sia imprescindibile concludere la mobilitazione nazionale contro le molteplici forme del razzismo di Stato, sotto le mura del carcere di Torino, per provare a rendere il più materiale possibile la nostra solidarietà verso chi è costretto a subire la violenza della detenzione penale.
«Di una cosa però sono certo: la sola forma di sicurezza che mi avvantaggia nei confronti della fine, la trovo negli altri, in chi mi sta in prossimità. Questa peculiare inclinazione, la solidarietà (che trovo riflessa nelle pupille di ognuno di voi), mi offre un’integrità inscalfibile».
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Corriere Torino
Carcere di Torino, detenuti in escandescenza: sedie contro il direttore del Consiglio di disciplina, aula distrutta
4 ore fa
https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&opi=89978449&url=https://torino.corriere.it/notizie/cronaca/24_agosto_20/carcere-di-torino-detenuti-in-escandescnza-sedie-contro-il-direttore-del-consiglio-di-disciplina-aula-distrutta-19c09fe0-c7e9-4577-bb7f-648103fc7xlk_amp.shtml&ved=2ahUKEwi5h7i5vYOIAxXczwIHHfZhHGUQyM8BKAB6BAgSEAE&usg=AOvVaw0nqfQCETr7vytVuB_CKFa1
Ieri sera 11 agosto due persone sono riuscite a evadere dal CPR di Gradisca d’Isonzo: una delle due è stata poi successivamente catturata mentre l’altra è riuscita a far perdere le proprie tracce.
Su quanto avvenuto negli ultimi mesi nel lager di Gradisca, rilanciamo l'ultimo resoconto diffuso dalle compagne e compagni della zona
https://nofrontierefvg.noblogs.org/post/2024/08/10/ancora-da-gradisca/
FACCIAMO RUMORE
Neppure le parole abbiamo più. E se le avessimo non le ascolteresti.
Per questo sbattiamo con il poco che abbiamo, con le bombolette del gas, con le brande.
Siamo invisibili, per questo cerchiamo di fare rumore, tutti insieme.
Perché sia forte, perché sia disperato, perché sia sgradevole e superi anche i pregiudizi,
quelli che stanno fuori ma anche quelli tra di noi.
Urtiamo le porte, le grate che ci soffocano, i muri che ci chiudono e ci isolano dal mondo.
Muri che hanno reso, che hai reso impenetrabili, delimitando un ghetto-lager, un mondo da dimenticare.
La vita però, come la sofferenza, non puoi farla prigioniera.
Una strada per uscire dalla gabbia, in qualche modo la troverà.
Qualcuno sentirà quella voce e non sarà stato in vano.
Perché basterebbe poco. Basterebbe che per un solo giorno queste mura sporche e grigie diventassero trasparenti.
Basterebbe che tu potessi vederci. Vedere la libertà di cui ci hai privato.
La speranza distrutta, la dignità calpestata.
Basterebbe guardarla per un giorno, questa discarica di rifiuti umani.
Dove hai confinato ogni sbaglio, dove hai buttato il disagio, la povertà, i problemi che non sai o vuoi risolvere. Sperando che così non tornino a darti fastidio, a disturbare i tuoi privilegi, il tuo aperitivo, la tua call.
Vedresti gli occhi vuoti di chi si è spento per dimenticare tutto questo, sperando che passi.
Vedresti i corpi inanimati di chi non riesce a sostenere il dolore.
Vedresti non criminali incalliti e pericolosi, ma persone.
Che spesso non trovano nessuno con energia, il coraggio e la volontà di aiutarle.
Vedresti lo sporco, il degrado.
Ci vedresti cucinare e mangiare in bagno.
Ci vedresti sdraiati nelle brande, perché in piedi in cella non c'entriamo.
Ci vedresti boccheggiare d'estate e tremare d'inverno, senza riscaldamento, senza acqua calda.
Ti basterebbe un solo sguardo per capire che queste persone non sono più umane, che senza un progetto, un lavoro, senza ricevere risposte, senza una speranza non siamo più niente.
Provaci tu a non poter chiamare la tua compagna, a dover scegliere se usare la tua unica chiamata per sentire i tuoi figli o i tuoi genitori.
Prova ad avere solo 10 maledetti minuti a settimana per comprimere tutto, ogni pensiero, ogni parola, ogni sentimento.
Prova a non sentirti solo, impotente, perso.
Basterebbe seguirci mentre arriviamo ammanettati tra la gente, ancora non giudicati, in quelle aule dove dovrebbero fare giustizia, ma ti senti colpevole anche se non lo sei, vivi la condanna prima ancora della sentenza.
Trascinati coi ferri ai polsi, chiusi dentro una gabbia più piccola della cella, sbattuti e umiliati in quei sotterranei luridi di piazzale Clodio.
Basterebbe assaggiare questo cibo, che fa schifo e comunque non basta mai.
Basterebbe finire in questo baratro per capire che i muri e le sbarre chiudono dentro anime vive e tengono fuori l'umanità, la civiltà.
Ti basterebbe vederlo, questo posto, per non poter più far finta di nulla.
Ti metteresti anche tu a sbattere con noi.
Questa volta, non girarti dall'altra parte. Posa l'aperitivo, sospendi la call, metti in pausa il film.
Prova a vedere oltre questo maledetto muro.
Detenuti in mobilitazione - Regina Coeli
PERCHÉ NON ACCADA PIÙ A NESSUNO E A NESSUNA.
Ancora sulle perquisizioni avvenute a Roma e in Umbria.
*Come già circolato in un breve comunicato, il 22 marzo ci sono state diverse perquisizioni tra Roma e l'Umbria e la digos ha recapitato le carte in cui risultano quattro indagati per 270bis (associazione sovversiva con finalità di terrorismo) e 2 L. 895/1967 (legge sul controllo di armi e esplosivi).
Parte delle perquisizioni hanno riguardato un posto occupato (L38Squat a Roma) e un compagno che si trova in un letto di ospedale.
Pubblichiamo le parole di questo compagno perché vogliamo che tuttx siano a conoscenza di come i nostri nemici scelgono di colpirci per farci male e di quanto invece sia importante praticare veramente ogni giorno ciò che portiamo in testa e nel cuore.*
"30-3-2024 Roma
Non sono un perseguitato.
Non sono una vittima.
Ho tutta la loro attenzione, tutto qui.
E questo semplicemente perché da sempre so qual è il mio posto: dall'altra parte della barricata ed è lì che vivo, vive la mia lotta e le mie relazioni.
Ma quanto è avvenuto nel delicato reparto di medicina alle 5:45 del 22 marzo supera ogni abuso, quelli contrastati per strada, quelli subiti in anni di galera in quanto bandito e in quanto anarchico.
L'antiterrorismo ha di fatti trovato un convinto alleato nel dirigente sanitario del Gemelli, rinomato ospedale di Roma. Tale dirigente ha dato un sincero nulla osta ai digossini per disporre di un reparto di malati terminali e casi disperati a proprio piacimento. Hanno avuto gli spazi per indagini sui miei dispositivi per tutta la giornata, mentre fuori, insieme ad altri amici di diverse zone, ho subito una scrupolosa perquisizione alla ricerca dei soliti esplosivi, delle solite armi.
Abbiamo dovuto mediare per impedire che sfondassero gli accessi di L38Squat, già sotto il vigliacco attacco delle istituzioni.
Come al solito svegliando all'alba compas che per seguire le operazioni han dovuto saltare il lavoro, essere identificati, e soprattutto sopportare quei piedi sporchi sul nostro suolo sacro, cani antiesplosivo, la solita giostra di guardie da ogni dove, ancora una volta.
Per nulla avere, ancora una volta.
Se non chiacchiere.
Ma se scrivo non è per la mia salvaguardia.
L'ho detto: sono un bandito, ho il mio codice.
Se scrivo è perché non succeda a nessun altro compagno, a nessun'altra compagna, in un letto di dolore, attaccato a ossigeno, flebo, dispositivi salvavita, di essere umiliati da quelle mani alla ricerca di mitra e pistole tra le lenzuola, nei pantaloni.
E i loro modi gentili sono ancora più subdoli.
Ancor di più il loro tentativo di estorcere nomi, collaborazioni, infamia da un uomo dichiarato a rischio vita.
Loro son loro. Li conosciamo.
A far salire l'odio, il nostro, di ultimi su sta terra, è stata quella stretta di mano tra ispettori e un primario, quello stesso dottore incaricato della mia salute e che invece, consenziente, complice ha permesso tutto ciò.
Son sicuro che non sarebbe avvenuto nel cosiddetto reparto "solventi" o nel nuovo padiglione per ricchi in costruzione proprio davanti le mie finestre.
Per ultimo un sorriso al mio vicino di letto, malato a giorni dalla fine, vecchio ferro di galera come me, che ha sfanculato ogni foglio, ogni firma, ogni testimonianza. Con un filo di voce ha urlato... il suo "sto con te!".
Rivendico la mia storia da sto letto
il mio anarchismo
l'odio verso l'autorità e ogni suo disumano complice
Que viva nosotros
Enko"
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