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Questo libro piccolo ma potentissimo ha viaggiato con me oltre il Mediterraneo e l'ho finito in poco più di due voli Milano - Il Cairo. È a mani basse la lettura migliore che ho fatto quest'anno, ma forse anche degli ultimi anni. L'ho preso in biblioteca a Milano e ho scoperto con sorpresa che ne esistono ben 26 copie (!) di cui 15 erano in prestito al momento in cui l'ho preso io: bene, benissimo! È un libro che dovrebbero leggere tutt*, di Milano e non, perché è un libro che riguarda i piani del capitale sugli spazi delle nostre città e sulle nostre vite di persone che vogliono abitare bene, serenamente, insieme gli spazi che ci appartengono, senza sentirci comparse in un Truman Show. Milano è solo la città che sta soffrendo di più questo fenomeno, ma tutte le altre città sono a rischio milanificazione.
L'invenzione di Milano. Culto della comunicazione e politiche urbane, di Lucia Tozzi. Cronopio, 2023
Questo libro è una ricostruzione puntuale e fendente di come il Comune di Milano negli ultimi dieci-quindici anni ha svenduto ai privati la nostra città, pezzo dopo pezzo, snaturandola al fine di aumentare il valore dell'immobile. Dal campetto di basket sponsorizzato Kellogg's al distopico prato sorvegliato dalla security intorno a City Life, dove i condòmini del lusso ci concedono generosamente di sederci sulle loro panchine brandizzate e sotto i loro alberelli da vivaio che inizieranno a fare ombra e assorbire CO2 tra vent'anni, fino ai progetti scellerati come la demolizione dello stadio Meazza, i palazzoni usciti da The Sims di Cascina Merlata, fino alla ben più grave dismissione progressiva delle case popolari. Nel libro si parla molto anche di Torino (la prima città italiana a intraprendere questo percorso con le olimpiadi 2006) e di Napoli. È però una lettura universale che ha messo ordine, dato un nome e un fondamento politico-filosofico al senso di malessere che la mia città mi provoca ogni volta che ci torno e ai pensieri ingarbugliati che ho cercato goffamente di esprimere negli ultimi anni. È una lettura da cui sono certa scaturiranno molte altre letture, in varie direzioni.
Qualche citazione che mi ha parlato molto:
«È noto che il lusso desertifica le città»
«Chi aderisce al programma pubblicitario universalmente imposto promuove la rendita. Chi resta militante, demistificando volta per volta le narrazioni egemoni e danneggiando l'immagine dei riqualificatori, la ostacola»
«La confusione tra pubblico e privato, tra pubblico e a uso pubblico, sottrae quindi alla cittadinanza pezzettino dopo pezzettino spazi pubblici, servizi pubblici e naturalmente case pubbliche»
«In nome di questa rigenerazione orientata al lusso e alla rendita il Comune sta perdendo, uno dopo l'altro, tutti i centri sportivi e le piscine pubbliche, le biblioteche pubbliche, i mercati comunali» - leggere l'evidenza dei fatti scritta nero su bianco mi ha fatto particolarmente male, perché la mia infanzia è stata fatta anche di tanto pubblico: il mio asilo e le scuole pubbliche, piscine pubbliche, centri sportivi pubblici, parchi pubblici, musei pubblici, piazze, strade, parchi giochi pubblici dove nessuno sponsorizzava le panchine e ci andava benissimo così. Vedere quella Milano morire, o già constatarne la morte, è terribile.
Davvero, di cuore, leggete questo libro per vedere le città e gli spazi - di dove viviamo, ma anche di dove viaggiamo - con uno sguardo completamente diverso. Se l'avete già letto o avete delle riflessioni da fare sul tema, nei prossimi giorni leggo volentieri i vostri commenti nel gruppo di discussione.
Grazie Fede per avermelo consigliato
Un abbraccio
A proposito di Egitto: come ho fatto a scoprire questo account solo ora!?
Tutto reale 😂
https://www.instagram.com/idontfeelsafeinegypt?igsh=bHJka2FwejhnN2xr
Nuovo livello di etimologia sbloccato:
l'altro giorno in una piccola cittadina del delta del Nilo, Rosetta, dove hanno trovato la famosa stele, cercavamo qualcosa da mangiare nel mercato, quando ci siamo imbattuti in un bugigattolo storico che friggeva falafel di fave leggendari, probabilmente i più buoni mai mangiati qui in Egitto. Due ragazzi ci hanno invitato a pranzo con loro per fare due chiacchiere e poi ci hanno voluto fare assaggiare una bevanda locale color coca cola che chiamavano "tamr", che in arabo significa dattero. Mi ero convinta dovesse essere un qualche sciroppo dì dattero diluito quando invece, assaggiandolo, aveva tutt'altro sapore: familiare ma indecodificabile.
Qualche giorno dopo, a Porto Said, ci siamo fermati in uno storico caffè del centro per bere un'altra versione di quella misteriosa bevanda, che anche il nostro amico di lì si ostinava a chiamare "tamr". Poi, facendoci vedere una foto su Google, sembrava che la pianta di origine fosse il tamarindo: tutt'altra cosa rispetto alla palma da dattero.
Poco fa gli chiedo dove trovare la pasta di tamarindo in centro al Cairo, per portarla a casa. Sento chiaramente pronunciare "se cerchi il tamr hindiyy lo trovi a Cairo vecchia". A quel punto si è accesa una lampadina.
Tamr hindiyy... Due parole distinte, cioè letteralmente e trasparentemente "dattero indiano"!
Dall'arabo la parola è entrata in gran parte delle lingue europee e non solo.
La parola "tamr" in arabo ha ovviamente origine semitiche e in lingua sudarabica significa meravigliosamente "frutto". Il tamarindo in realtà è originario dell'Africa tropicale ma è presente diffusamente anche in Asia, da qui il nome "dattero indiano". È una leguminosa, nello specifico una fabacea, e infatti se non l'avete mai visto il baccello del tamarindo ricorda proprio quello dei piselli o dei fagioli, o anche del glicine.
Sempre più spesso mi sembra che molte cose che lì per lì non capisco poi, con un po' di pazienza, mi dischiudano sorprese illuminanti. Oggi è stato così :)
Edit: scopro felicemente grazie ad Alessandra nel gruppo di discussione che anche "tamarro" deriva da "tamr" :)
A presto ❤️
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