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LUNA PIENA IN PESCI CON ECLISSI PARZIALE
Questa mattina la Luna ha fatto il suo ingresso nell"archetipo dei Pesci segno d'acqua, di natura mobile, governato da Giove e Nettuno e dispositore del 12 campo zodiacale.
E mercoledì 18 settembre alle 4:34 ora italiana si formerà la Luna Piena in Pesci.
Trovandosi nei pressi dei Nodi Lunari formerà un Eclissi Lunare parziale visibile da tutta Italia dalle 2:12 alle 2:44 .
Il Plenilunio nel segno dei Pesci apre ufficialmente la stagione delle Eclissi in questa seconda parte dell'anno.
Un Eclissi Lunare è un opportunità per creare un cambiamento significativo nelle nostre vite.
Questo cambiamento può avvenire bruscamente, poiché le Eclissi Lunari tendono a portare informazioni dal nulla.
Le Eclissi Lunari sono rivelatrici.
Rivelano la verità è permettono di effettuare dei cambiamenti essenziali.
L'eclissi Lunare e il mese successivo sono un opportunità per staccarsi da energie, emozioni e persino e persino persone che non servono più alla nostra evoluzione.
La Luna in Pesci rappresenta l'intangibile, l'incorporeo, la sensibilità, le emozioni, la creatività, la spiritualita.
La congiunzione con Nettuno retrogrado in Pesci a 28° governatore dei Pesci i contribuirà ad amplificare ulteriormente questa dimensione e le sensazioni ad essa correlate
A livello relazionale potremmo sentire quali sono i nostri reali bisogni, i nostri sentimenti all'interno della nostra relazione .
Questo Plenilunio congiunto a Nettuno e in buon aspetto a Urano in Toro e a Plutone in Capricorno anch essi retrogradi ci spingerà a uscire dalla zona comfort e a credere che qualcosa di bello accadrà.
Plenilunio importante per le terze decadi dei Pesci, del Cancro, dello Scorpione, del Toro e del Capricorno.
Massima attenzione invece per le terze decadi di Gemelli, Vergine e Sagittario che possono avere difficoltà nelle relazioni.
Neutrale per Ariete, Leone, Bilancia e Acquario
Importante in quale casa del tema personale avete la zona Pesci quello sarà il settore più sollecitato al cambiamento radicale.
[Federica Reya-Astrologia intuitiva]
COME INTERPRETARE I SEGNALI CHE CI ARRIVANO:
Dante ci spiega bene che neanche i Cherubini, ovvero gli angeli più vicini a Dio, conoscono il progetto Divino.
Semplicemente, trasmettono alle altre 8 schiere angeliche l’impulso che arriva da Lui.
Gli ultimi angeli, poi, passano “le informazioni” ai Cieli Astrologici, da qui alla Terra e, infine, gli impulsi arrivano all’Uomo.
Noi, ancora, spesso ci perdiamo nel cercare di capire che se ho visto una piuma cadere mentre pensavo di andare a bere una cioccolata è segno che devo bere la cioccolata.
La cioccolata é da bere sempre, non occorrono segni divini a riguardo! (scherzo).
Ritornando sul tema: la mente, la Lupa della Divina Commedia, confonde e si nutre della Superbia umana che vuole interpretare e capire tutto.
Ma se non lo sanno i cherubini, cosa possiamo sapere noi?!
C’è un disegno Divino e di certo ha un senso. Noi non siamo qua per scoprirlo però.
Noi siamo qua per VIVERLO, per sentire e anche per godere della bellezza delle emozioni che sentiamo, le quali ci permettono di espandere il cuore (permettono, non è detto che succeda).
Punto.
Ecco la chiave.
Dante docet.
« Ricorda, questo dolore non ha lo scopo di intristirti. È qui che la gente manca sempre il punto... Questo dolore serve solo a renderti più attento, e questo perché le persone diventano più attente solo quando la freccia penetra profondamente nel loro cuore e le ferisce. Altrimenti non stanno mai all'erta, non sono attente. Quando la vita è facile, comoda, senza problemi, chi se ne preoccupa? Chi si cura di essere attento? Quando un amico muore, esiste una possibilità. Quando la tua donna ti lascia - in quelle notti buie, ti senti solo. Hai amato moltissimo quella donna e hai messo in gioco ogni cosa, e ora all'improvviso se n'è andata. Quando piangi, nella tua solitudine, quelle sono le occasioni in cui, se le usi, puoi diventare consapevole. La freccia fa male: può essere utilizzata. Il dolore non ha la funzione di renderti infelice, serve a renderti più consapevole! E quando sei consapevole, ogni infelicità scompare ».
[Osho]
«Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci guardi. A seconda del tipo di sguardo sotto il quale vogliamo vivere, potremmo essere suddivisi in quattro categorie. La prima categoria desidera lo sguardo di un numero infinito di occhi anonimi … La seconda categoria è composta da quelli che per vivere hanno bisogno dello sguardo di molti occhi a loro conosciuti … C’è poi la terza categoria, la categoria di quelli che hanno bisogno di essere davanti agli occhi della persona amata…E c’è infine una quarta categoria, la più rara, quella di coloro che vivono sotto lo sguardo immaginario di persone assenti. Sono i sognatori».
[L’insostenibile leggerezza dell’essere, Milan Kundera,]
Hanno la mania di consigliare, gli altri sono tutti bambini per loro. “Non capisco perché non vengono mai a trovarmi, io li voglio solo aiutare”.
È un atto d’amore programmare la vita di tutti…
Ce ne sono moltissimi, ma questi sono i più frequenti.
Attenzione perché non sono dinamiche psicologiche, ma psichiche.
Cioè hanno a che fare con l’energia di un individuo. Avvengono a livello profondo, inconscio, come meccanismo di difesa al risveglio.
Sono ruoli che ci lasciano automatici, nel sonno, altamente reattivi, inconsapevoli e pericolosi e ovviamente creano sofferenza.
Il bello è che noi non ci accorgiamo di nulla. Assolutamente nulla.
Siamo subito pronti a dare la colpa agli altri per come ci trattano e per le loro mancanze nei nostri confronti e non osserviamo mai come ci siamo posti noi.
Non vediamo che abbiamo semplicemente messo in atto una bella scenetta teatrale che ormai conosciamo a menadito.
Rileggendo questi ruoli ti è capitato di ritrovarti in uno di loro?
Ti sei rivisto?
Hai rivisto altre persone che interpretano questi personaggi?
Bisogna essere onesti e non nascondersi. E nemmeno sentirsi in colpa e giudicarsi. Altrimenti si riconferma che siamo di nuovo nei panni di uno di quei personaggi che non conoscono amore e gioia.
Accettare con amore, perdonarsi, sono passi fondamentali del risveglio per una buona vita.
Per sganciarsi da questi ruoli è necessario liberarsi dentro.
E anche se l’altro tenta di riportarti lì, tu non ci caschi più; la tua anima è troppo forte, molto più forte del karma.
[Roberto Potocniak]
Colui che non ha bisogno mai di niente e di nessuno. Fa tutto da solo, sta bene da solo, le emozioni sono solo debolezze. Questa persona, in realtà, ha più bisogno d’amore degli altri. Indossa un’armatura e non capisce che la vita è uno scambio, che l’amore e l’intimità sono importanti. È fondamentale diventare inter-dipendenti, non chiudersi pur di non dipendere da nessuno.
Il non meritevole.
Si autosabota, si autopuinsce proprio perché in fondo è sicuro di non meritare felicità e amore. È condizionato dal senso del dovere. Arriva a strafare e va oltre i suoi limiti, per dimostrare di essersi meritato anche lui qualcosa dopotutto.
Il salvatore, il guru, il prete.
Colui che vuole salvare tutti. Colui che spesso lo fa controllando le persone. Si crede il detentore della verità assoluta. Pensa di fare del bene e di essere d’aiuto agli altri con il suo controllo, ma non è altro che uno stratagemma per avere potere e influenza su tutti, spacciandosi per buono.
L’altruista, il soccorritore.
Questo è il classico ruolo di crocerossina. Mi viene in mente la classica donna che di solito attira a sé sempre uomini con problemi seri, come l’alcool, la droga ecc.. O l’uomo che attira sempre donne drammatiche, depresse e in crisi. Qui a volte non c’è sempre una ricerca di un potere subdolo, ma più di un sentirsi utili e necessari, così da garantirsi attenzione e sostegno reciproco.
Il buffone, lo sciocco del villaggio.
L’hanno etichettato da piccolo così e non avendo altri modi per essere visto o accettato, non riuscendo a farsi riconoscere in positivo, accetta di farsi riconoscere in negativo. E qui c’è una persona che vorrebbe appunto farsi accettare per quella che è e fa quello che sembra aver funzionato: sminuirsi e umiliarsi.
“Con me si divertono, mi vedono. Meglio che niente”.
Il martire.
Colui che si sacrifica per gli altri per poi segnare sul suo taccuino chi gli deve un favore di ritorno. ”Ho fatto tanto per te, quindi ora tocca te, me lo devi…”
Anche questo è un atteggiamento da abusatore che tenta di farsi passare per vittima. Più dai dal cuore , meno ti importa cosa ricevi in cambio. Ti senti libero e di solito ti ritorna il doppio.
Chi dà per ricevere, chi dà e si lamenta perché non riceve, sta comprando l’affetto di qualcuno. Ha ancora un buco d’amore da colmare.
Il rinunciatario.
Il classico “vorrei ma non posso”. Questa persona ha sempre una scusa a ogni soluzione che trovi. Nega continuamente l’evidenza. “Si tu hai ragione, sì è vero, ma…” Qui c’è tanta confusione mentale. Ci si è radicati talmente tanto nelle proprie convinzioni e fissazioni mentali che la persona boicotta se stesso e ogni tua risposta, con la scusa del “e se invece fosse così?”. Nemmeno si dà il tempo di vedere cosa gli stai dicendo. Non vuole cambiare perché ne ha paura. L’ignoto lo terrorizza.
Il vagabondo.
È quello che salta da una parte all’altra e non si ferma mai. Fa un corso, poi ne fa un altro, poi un altro ancora. Continua a cambiare e non va mai fino in fondo. Non conclude mai nulla. Non riesce a costruire niente. E questo perché ha paura di entrare in profondità.
Il fanatico, il rigido.
Quello che va avanti per dogmi e regole. Ha ragione solo lui e gli altri non capiscono niente. Anche qui si cerca di darsi un tono in qualche modo, con le proprie conoscenze o la propria moralità. E allo stesso tempo ci si nasconde dietro a tutti questi preconcetti, sempre per paura di cambiare.
Il caotico.
Lui ovunque va crea confusione. Crea confusione nei rapporti, la crea nel lavoro ed è convinto di avere tutto sotto controllo. “Io sono chiaro e preciso.”
“E allora perché è tutto un caos qui?”
“Ovviamente sono i miei colleghi che non sanno fare il loro lavoro. Anzi hai ragione li ho già cambiati 3 volte in questo trimestre, ma evidentemente non ho ancora trovato quelli giusti”.
Il padre/la madre di tutti.
Sono diversi dal guru, perché non si ergono sopra tutti, non siedono sul trono. Semplicemente interferiscono nella vita degli altri.
Pensano di avere più esperienza e dicono agli altri come devono vivere.
Ecco perché abbiamo parlato precedentemente delle cinque ferite karmiche, per studiarle ma anche perché sono connesse poi ad altre ferite e ad altre ancora.
Ma non ci interessa tanto far raccolta di ferite, quanto capire i meccanismi e come lavorarci sopra, ovviamente.
Stiamo tutti recitando il nostro ruolo karmico
Ora voglio illustrarti un po’ cosa avviene quando il karma si intromette nelle relazioni o nelle semplici interazioni che hai con le persone.
Qualsiasi persona: Tuo marito, tua moglie, tua madre, tuo figlio, il carabiniere che ti ferma per strada, il tuo collega al lavoro, il tuo superiore al lavoro, il tuo migliore amico, l’uomo che hai appena conosciuto al bar…
Apriamo il sipario.
Perché non ti accorgi, ma nella vita insceniamo continuamente atti teatrali.
“Teatro? Io non recito, io sono me stesso!”
Vero?
Sbagliato.
Noi recitiamo eccome.
Siamo attori-marionette, mossi dai fili invisibili del karma.
Cioè da tutto il materiale inconscio al nostro interno.
E ogni relazione non diventa più un piacevole scambio, una condivisione spinta dalla spontaneità del cuore, ma una dinamica.
Un gioco di potere, in cui ognuno ha un ruolo da interpretare e cerca di rispettare il suo copione per ottenere qualcosa dall’altro.
Inconsapevoli del proprio potere personale interiore, le persone cercano di conquistarlo al di fuori di loro. Con la manipolazione e la forza. A volte dirette e ben visibili, a volte più nascoste e subdole.
E noi non abbiamo alcun tipo di controllo su questi giochi di ruolo.
È il karma che ci fa recitare in modo automatico questi personaggi.
Personaggi che alterniamo in base alle situazioni e alle persone che abbiamo di fronte.
Tengo a precisare che il gioco dei ruoli richiede almeno due persone.
Di solito con una tematica in comune.
Proviamo a scoprirne qualcuno. Vedi se hai mai avuto a che fare con questi personaggi o se li hai interpretati tu stesso…
Il dominatore e la vittima.
Questi sono i classici ruoli in cui uno si abbassa e uno si alza. Li abbiamo ben descritti nella ferita del carnefice e della vittima. E qui abbiamo un uso completamente sbagliato del terzo chakra. Il chakra del nostro potere personale.
Il giudice.
Cosa fa un giudice? Semplice, lui sputa sentenze. Questo personaggio tenta di darsi un tono e controllare tutti grazie alla sua arma preferita: il giudizio. Invece di costruirsi una vita felice e soddisfacente per se stesso, si dedica a svalutare quella degli altri. “Se abbasso gli altri, io sarò sempre più alto ai loro occhi.”
Il colpevole.
Il colpevole si nutre di pane e senso di colpa. Un po’ perché si sente sbagliato davvero, un po’ perché così può suscitare qualche forma di pietà da parte degli altri. E chi si sente sempre sbagliato e in colpa, troverà sempre qualcuno che continuerà a sminuirlo e a punirlo. A volte lui stesso, a volte un bel giudice magari…
Il manipolatore.
Il manipolatore non ha il coraggio di esporsi e tenta di ottenere quello che vuole con mezzi indiretti. Mezzi più subdoli.
Spesso facendo passare l’altra persona per il carnefice. Non conosce altri modi. Questa persona ha un grave problema a esporre i suoi bisogni.
Il malato.
Altro stratagemma per avere potere o attenzione sugli altri passando per vittima.
Mi viene in mente l’esempio di alcune mamme che appena il figlio tentava di andare via di casa si ammalavano di colpo. Spesso qui c’è una somatizzazione, di solito dell’ansia.
Il mendicante.
Colui che elemosina e pretende attenzioni, affetto e sostegno. Anche se sa che non è carino, non riesce a farne a meno. “Mi ami? Vado bene?”. Lo fa anche in maniera più abusiva, attaccando e tormentando l’altro “Non mi porti mai lì, non mi chiami mai, non fai mai questo e quello”... Sempre forme di elemosina perché hanno grandi buchi d’amore che non sanno come zittire.
Il dipendente.
Il dipendente si appoggia. Non vive bene senza l’altro o senza quello che l’altro gli dà. Non sa stare in piedi sulle sue gambe, non si ama e non si conosce. E spera che l’altro non cada o cadrà anche lui di conseguenza.
L’anti-dipendente.
L’opposto della medaglia.
Buonasera a tutti!Voglio condividere con voi e dei versi dell’Odissea, proprio dalla Grecia, e un commento che ho trovato su Internet:
« Battendosi il petto, esortava così il suo cuore:
“Sopporta ancora, cuore mio: hai sopportato cose peggiori,
quando il Ciclope folle e violento divorò
i fedeli compagni; e tu hai resistito, finché la mia astuzia
ti fece uscire dall’antro dove credevi di morire!”.
Così diceva, rimproverando il suo cuore in petto;
il suo cuore obbediente resisteva e sopportava,
tenace; ma lui si rivoltava da un lato all’altro ».
[Odissea, libro XX]
Tornato ad Itaca dopo venti anni e rientrato nella sua reggia sotto le false vesti di un mendicante, Ulisse si trova ad assistere allo spettacolo delle ancelle infedeli che si concedono ai Proci, pretendenti al trono e alla mano di sua moglie Penelope.
Vorrebbe alzarsi e fare strage delle traditrici. Ma, se lo facesse, fallirebbe il piano organizzato per vendicarsi dei Proci. È questo il momento in cui Ulisse si rivolge al proprio cuore, che “gli latrava dentro” (Odissea XX 13): “Sopporta, cuore! Altro male più atroce sopportasti” (Odissea XX 18: ma la traduzione più fedele e incisiva sarebbe quella di Giovanni Pascoli “ben altro tu hai sopportato piú cane”).
E ricordando il giorno in cui riuscì a resistere all’impulso di uccidere il Ciclope, dopo che questi aveva divorato due suoi compagni, e ad aspettare l’occasione propizia per colpirlo, dà prova di una grande e inedita capacità: l’autocontrollo.
Oltre ad essere furbo e capace di affrontare i viaggi più pericolosi, Ulisse mostra di avere un’altra qualità che lo rende speciale, diverso dagli altri eroi: quella di saper dominare gli impulsi. E diventa così il simbolo dell’uomo che sente il peso della volontà degli dei, ma avverte anche di avere la possibilità di scegliere, se vuole, la sua strada.
[Filomena Giannotti]
La VOLONTÀ é una qualità dell’anima che dobbiamo allenare e praticare, per diventare degni della grazia di Dio, che invece ci viene donata.
Oggi mi sono sentita dire dal mio migliore amico: “Vergognati di quello che hai fatto, così quando sei di fronte alla stessa situazione ti ricordi della vergogna e cambi atteggiamento”.
Gli ho risposto che io amo ogni parte di me, anche le mie ferite, le quali a volte si manifestano con comportamenti diversi da quelli che la mente razionale potrebbe in essere.
Mi amo anche quando cado, quando la volontà vacilla perché la vita mette davvero alla prova fino quasi allo sfinimento.
In Spagna si dice che Dio stringe ma non soffoca.
Pratichiamo la volontà, ma amiamoci e comprendiamoci quando cadiamo.
Non è la vergogna che cambia il nostro cuore e le nostre risposte, sono l’osservazione e la comprensione che fanno la differenza, ma occorrono anni prima di vedere dei risultati, e nel frattempo veniamo testati!
Vi saluto con affetto, sotto il cielo stellato della Terra degli Dei.
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