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*🚩 L’UNIVERSITÀ: TASSELLO FONDAMENTALE NELLO STATO DI GUERRA*La precarizzazione crescente e la diversificazione selvaggia dei contratti di chi fa ricerca, promossa dal Ddl Bernini e auspicata dalla Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), rappresentano una ristrutturazione selvaggia dell’intero sistema universitario. Questo vuol dire, ad esempio, il peggioramento delle condizioni di lavoro nella didattica, oltre che nella stessa ricerca. Inoltre, figure sempre più ricattabili, oltre all’indipendenza economica vedono sempre più minata la loro autonomia di pensiero nel potersi esprimere criticamente. Ciò appare ancor più grave nel contesto odierno di guerra imperialista su scala internazionale che vede anche il nostro paese coinvolto e schierato nel blocco occidentale. Lo stato di guerra, infatti, non si limita al conflitto armato sui fronti esterni, ma si manifesta anche attraverso dispositivi di controllo e repressione interni, come il Ddl “sicurezza”, volti a sopprimere ogni forma di dissenso sociale. E, naturalmente, l’università non si può sottrarre dal suo ruolo funzionale e fondamentale nella preparazione della guerra. L’incremento di finanziamenti alla ricerca di industrie belliche, come Leonardo-Finmeccanica, e le collaborazioni con università “israeliane” — che continuano nonostante il genocidio in corso a Gaza e le mobilitazioni di solidarietà accademica con la Palestina — sono esempi emblematici. Inoltre, la ricerca in tecnologie dual use, al confine tra utilizzi civili e militari, è ormai normalizzata, trasformando l’università in un laboratorio permanente per le guerre imperialiste.
🔎 La precarizzazione del lavoro accademico non è solo uno strumento di controllo, ma anche un dispositivo di esclusione sociale. Rendere i contratti post-dottorato sempre più instabili significa rendere ancor più elitario l’accesso al lavoro di ricerca e alla docenza universitaria, intensificando le discriminanti di classe. Soltanto chi ha una determinata provenienza sociale può “permettersi” di trascorrere anni senza un reddito fisso e con impieghi a intermittenza, mentre chi non lo può fare è costretto a cercarsi un altro lavoro e quindi essere espulso dall’accademia. La scelta di rendere più sempre più elitario il lavoro culturale è un processo che da decenni coinvolge anche l’accesso all’insegnamento scolastico. Ultima in ordine di tempo è la riforma Bianchi (2022), che ha previsto l’istituzione di corsi obbligatori (60 cfu) dal costo di 2000-2500 euro per poter abilitarsi in ogni classe di concorso, peraltro erogati dalle università. La logica è chiara: mentre si aumentano le spese militari, si tagliano i fondi pubblici all’istruzione e si impongono barriere di classe all’accesso al sapere e al lavoro culturale. Questo è un progetto coerente con un sistema che subordina ogni settore della società, incluso quello della ricerca universitaria, alle esigenze del capitale e della guerra. Tuttavia, di fronte a questa situazione i ricercatori e le ricercatrici hanno scelto di non stare a guardare. In diverse città d’Italia sono sorte Assemblee precarie e gruppi contro il Ddl Bernini, a cui invitiamo a partecipare, che hanno già messo in campo diverse azioni di protesta. Un successivo passaggio dovrà essere il coinvolgimento della componente studentesca e di tutti i lavoratori e le lavoratrici dell'università per creare una forte opposizione ai progetti di “riforma” del governo Meloni.
🚩 L’UNICA STRADA POSSIBILE È L’UNITÀ NELLA LOTTA! 🚩
🚩 BASTA PRECARIETÀ NELL’UNIVERSITÀ!
NO ALLA GUERRA IMPERIALISTA! 🚩
Antitesi - Organizzazione Comunista
👉 https://www.instagram.com/p/DD62wdTiSvn/?igsh=M2V4d3Q5aDNkOGU3
*🚩 TAGLI E PRECARIETÀ: UNA POLITICA DI LUNGO PERIODO*È da sottolineare come il Ddl Bernini non venga dal nulla, ma da decenni di tagli e precarietà per l’università, condotti allo stesso modo da governi di destra e di sinistra, affiancati da esternalizzazioni dei servizi e accordi con i privati. L’ultima riforma in ordine di tempo, approvata dal governo Draghi e presentata dal Partito Democratico, prevede l’abolizione degli assegni di ricerca e l’istituzione solo sulla carta di un nuovo contratto di ricerca “più tutelato” e del ricercatore in “tenure track” (RTT), facendo però il tutto senza finanziamenti “aggiuntivi”. Tale riforma provoca pertanto un oggettivo peggioramento delle condizioni di lavoro di ricercatori e ricercatrici, “dirottando” anch’essa (in assenza di nuovi fondi e allo stesso modo del Ddl Bernini) la quasi totalità dei precari della ricerca a condizioni contrattuali peggiorative rispetto al passato (es. borse di ricerca, collaborazioni esterne/occasionali ecc.). Contro questa riforma è sorto un forte movimento di protesta in tutta Italia, Re-strike. Anche grazie alla mobilitazione sono quantomeno state ottenute ripetute proroghe dei vecchi assegni di ricerca, l’ultima in scadenza il 31/12/2024. Dopo quest’ultima data, in attesa di una nuova riforma, le uniche figure di ricerca possibili saranno RTT e contratti di ricerca e, allo stato attuale delle cose, alla scadenza degli assegni, senza una rapida immissione di nuovi fondi avverrà un’espulsione di massa di ricercatori e ricercatrici dall’università.
?La rabbia giovanile incendia il fronte interno ?
?I video che stanno circolando in questi giorni sui social mostrano i tifosi del Maccabi Telaviv scappare per le vie di Amsterdam, attaccati e inseguiti da bande di giovanissimi pro-palestina. Il bilancio post Ajax-Maccabi è di 62 fermati e 2 aerei inviati in soccorso da Nethanyau, una rivolta che ha colpito duro e ha letteralmente messo in rotta centinaia di riservisti idf.
Non vogliamo parlare del singolo episodio, della sua chiara legittimità e di come sia partito tutto dalle provocazioni degli "israeliani" con aggressioni e canti inneggianti al genocidio. Vogliamo invece allargare lo sguardo sul fenomeno delle rivolte giovanili in Europa e sul legame tra la repressione di questa rabbia e lo Stato di guerra che stanno cercando di costruire i nostri governanti.
?Gli attacchi antisionisti di Amsterdam sono l'ultimo di numerosi episodi di rivolta in Europa dove sono protagonisti i giovani proletari, spesso di seconda generazione, che esprimono una determinazione capace di mettere in crisi lo Stato e i suoi apparati militari (o in questo caso i riservisti delle idf). Pensiamo alle notti di scontri per la morte di Nahel in francia, o la rivolta a Lisbona dopo l'uccisione di un giovane di Capo Verde, o anche ai 6 giovani che lo scorso 25 aprile hanno caricato da soli lo spezzone sionista a Milano. Una generazione in cui, oltre alla depressione e all'ansia, covano anche la rabbia e la voglia di sfidare un sistema che li emargina e li condanna alla precarietà.
⛔️Di questo lo Stato italiano si è accorto e si sta attrezzando per prevenirne gli effetti: il decreto Caivano e il DDL 1660, con le loro norme ad hoc contro i reati giovanili, sono il tentativo di ingabbiare la stessa rabbia che sta esplodendo in europa e rischia di fare altrettanto qui. Il contesto di guerra mondiale imminente impone agli stati Nato di pacificare il loro fronte interno (di cui fanno parte i giovani e le contraddizioni con cui si scontrano) per potersi impegnare meglio sul fronte esterno. Anche le norme del nuovo DDL contro chi non ha la cittadinanza non sono il frutto di un razzismo gratuito del governo meloni, ma sono in continuità con il sistema dei permessi di soggiorno che tiene sotto scacco migliaia di proletari. L'Italia sa che dovrà chiedere ai figli degli immigrati di combattere e morire per un paese che li ha sempre trattati come cittadini di serie z e vuole lavorare per colpire quelle avanguardie che già si mobilitano contro il genocidio in palestina o contro i cpr. Infine, sempre più stati europei stanno adottando leggi simili, facendo leva proprio sull'ondata di mobilitazioni per la Palestina (es. la Germania che minaccia di revocare i permessi di soggiorno a chi solidarizza con la Resistenza Palestinese.)
?Finora in Italia questa rabbia non si é ancora espressa con forza, ma ha di fronte a sé l'esempio dei propri coetanei europei che hanno la capacità di individuare in maniera chiara il nemico: lo Stato borghese e il sionismo. I giovani, soprattutto i giovani delle periferie, in questa fase di guerra saranno sempre piu terreno di contesa tra la borghesia imperialista e il proletariato rivoluzionario. La mobilitazione interventista della prima guerra mondiale così come quella fascista nel ventennio hanno puntato tantissimo sui giovani e sul loro bisogno di dare uno scopo alla propria vita: anche oggi i giovani dovranno nuovamente scegliere se difendere lo stato di cose attuali aderendo all'ideale di patria borghese o lottare per la prospettiva di riscatto ed emancipazione della rivoluzione socialista. Noi comunisti dobbiamo saper interpretare ma soprattutto imparare da queste situazioni, che hanno la capacità di mettere a nudo le contraddizioni del nostro imperialismo.
Antitesi
?https://www.instagram.com/p/DCL5haUi6F2/?igsh=bjVuamt6ejZrMXd3
Per chi non può partecipare dal vivo può seguire l'iniziativa dalle 16 su diretta.radiazione.org o ovviamente riascoltarsi il podcast in un secondo momento
Questo militarismo è una sovrastruttura ideologica, politica ed organizzativa del capitalismo. Nelle fasi di guerra si sviluppa, come parte della giustificazione ideologica della guerra stessa, con l’obiettivo preciso di egemonizzare, disciplinare e mobilitare le masse popolari in funzione di essa.
? L’aggravamento della tendenza alla guerra imperialista sul fronte esterno con la prospettiva concreta della terza guerra mondiale - un processo di cui il “nostro” governo è parte integrante - è sotto gli occhi di tutti. Per la borghesia imperialista delle formazioni occidentali, in crisi di sovraccumulazione di capitali, la guerra è una strada obbligata per tenere in piedi il sistema di oppressione e sfruttamento e far fronte ad una profonda crisi di egemonia globale. Dagli sviluppi del conflitto in Ucraina, in cui i governi del blocco Nato sono sempre più coinvolti, all’offensiva sionista che procede a Gaza e che ora si allarga al Libano, la prospettiva di uno scontro diretto tra le borghesie imperialiste occidentali e quelle delle potenze emergenti si fa via via più concreta.
Ma per condurre la guerra sul fronte esterno occorre un fronte interno pacificato, disciplinato e complice. Il militarismo è al contempo strumento egemonico sulle masse popolari e arma ideologica per la repressione delle lotte sociali.
Imporre l’egemonia di guerra e la “pace sociale” sul fronte interno per le borghesie al potere è necessario e vitale. Con lo stato di guerra quello che è in gioco è la tenuta dell’ordinamento sociale dominante, una partita che non può essere persa e che si gioca su diversi terreni: dall’ideologia militare che entra sempre più pervasivamente nel mondo dell’istruzione, dalle scuole alle università, puntando in primis ai giovani come cervelli e braccia per la guerra; all'implementazione di nuovi strumenti giuridico-repressivi per lo stato di guerra interna, di cui il nuovo pacchetto sicurezza del ddl 1660 rappresenta la faccia più palese, volti a reprimere preventivamente qualunque forma di lotta nel nostro paese.
Questa stretta securitaria e i tentativi di egemonizzare le masse in funzione di una mobilitazione reazionaria, tuttavia, per il momento non sembrano portare gli effetti desiderati. Le innumerevoli piazze in solidarietà alla Resistenza palestinese che hanno animato le strade del nostro paese nell’ultimo anno, la determinazione con cui il 5 ottobre tantissimi giovani da tutta l’Italia sono scesi in piazza a Roma sfidando qualunque divieto e le mobilitazioni contro ddl 1660 in diverse piazze d’Italia, dimostrano che il nostro paese è tutt’altro che pacificato. In questa situazione sempre più larghe masse diventano consapevoli di chi è il loro nemico principale: la borghesia imperialista.
? Il regime della guerra interna imposto dalla classe dominante dobbiamo interpretarlo come un’opportunità per la prospettiva rivoluzionaria.
La spirale della tendenza alla guerra sul fronte esterno è una conseguenza della putrefazione del capitalismo nella fase imperialista e può essere spezzata solo con la rivoluzione proletaria. Questa deve essere la nostra consapevolezza! La storia lo ha già dimostrato: la guerra imperialista si può fermare solo con la Rivoluzione proletaria!
A questo fine dobbiamo lavorare per rafforzare il movimento contro la guerra imperialista e unirci alla resistenza di tutti i popoli oppressi che lottano contro il “nostro” imperialismo dominante.
? Oggi, più che mai, dobbiamo lottare risolutamente per la sconfitta del nostro imperialismo e la sua egemonia di guerra: perseguendo la sua sconfitta poniamo le basi per la costruzione di una nostra egemonia di classe e per la prospettiva rivoluzionaria.
? O LA RIVOLUZIONE FERMA LA GUERRA, O LA GUERRA SCATENA LA RIVOLUZIONE!
? MORTE ALL’IMPERIALISMO, LIBERTA’ AI POPOLI
CONTRO IL MILITARISMO IMPERIALISTA: RESISTERE PER VINCERE!
Antitesi
? https://www.instagram.com/p/DCByWFmifcu/?igsh=MWJwcmxheDNhZGtqdw==
? https://antitesirivista.org/volantini-e-comunicati/contro-la-guerra-rivoluzione/
? La crisi è l’aspetto principale. Tuttavia quando la guerra si concretizza, come diceva il compagno Mao, è da questa che bisogna partire.
La crisi deve quindi essere gestita per condurre la guerra. Di conseguenza, le formazioni occidentali sono obbligate a ridefinire la struttura economica in funzione della conduzione nel tempo della guerra. Per fare ciò, le borghesie imperialiste puntano sul keynesismo militare. Nello specifico, il keynesismo militare è perfettamente funzionale alla gestione della crisi poiché affronta il problema della valorizzazione dei capitali garantendo i profitti del complesso industriale-militare con soldi pubblici, cioè a spese delle masse. Contemporaneamente, la ridefinizione dell’economia in chiave militarista, permette alle borghesie imperialiste di concentrare gli sforzi produttivi nella preparazione allo scontro interimperialista diretto.
Nell’Unione Europea, un passaggio fondamentale è rappresentato dalla riforma del Patto di Stabilità, che esclude la spesa militare dai vincoli imposti ad altri settori come welfare e istruzione. In questa ridefinizione bellicista della struttura economica si realizzano sia gli interessi dell’oligarchia finanziaria europea, incarnata da Draghi, sia quelli del comparto militare industriale, incarnati da Crosetto.
La borghesia imperialista occidentale trova così, nella sintesi tra militarismo e keynesismo militare, il modo per gestire la crisi per condurre la guerra.
Inoltre, l’articolo analizza il passaggio da una sovrastruttura dalla faccia democratica e liberale a una autoritaria e poliziesca, cambiamento palesato nel “premierato” in Italia e nella Commissione Europea che mirano a una centralizzazione dei processi decisionali, per supportare lo “Stato di guerra”. La Guerra si concretizza in chiari passaggi, come la missione Aspides e l’impegno diretto delle forze armate italiane nel Mar Rosso, mirato alla difesa degli interessi commerciali della borghesia imperialista nostrana. La necessità di difendere il Mediterraneo cosiddetto allargato, inteso come spazio vitale dell’imperialismo italiano che si trova attualmente sotto assedio, dimostra come la lotta dei popoli oppressi, e di quello palestinese in particolare, apra spazi di agibilità anche per le masse oppresse entro le stesse formazioni imperialiste.
Invitiamo all’ascolto della presentazione e alla lettura dell’articolo ai seguenti link:
https://antitesirivista.org/antitesi/16/sfruttamento-e-crisi/lo-stato-di-guerra
Contattaci se sei interessato/a alla rivista, ad un confronto o anche solo per partecipare a future iniziative.
SE LA RESISTENZA AVANZA, L’IMPERIALISMO ARRETRA!
CON LA RESISTENZA PALESTINESE!
CONTRO LA GUERRA IMPERIALISTA DELLA NATO!
ANTIFASCISMO È ANTISIONISMO! ✌️??
Ecco il podcast dell'ultima puntata di Tigri di Carta, all'interno trovate tutti i contributi e argomenti della trasmissione
https://radiazione.org/programmi/tigri-di-carta-palestine-will-be-free/
RadiAzione.org
Tigri di Carta - Palestine will be free - RadiAzione.org
Giovedì 18 Luglio 2024 - pt. 11
❌‼️LA PIOGGIA NON FERMA LA SOLIDARIETÀ‼️❌
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