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Vogliamo ricordare Gian Maria Volonté a 30 anni dalla sua morte con la sua recitazione magistrale e con il messaggio contro la guerra nel film "Uomini contro".
Il film venne boicottato, per ammissione esplicita di chi lo produsse, fu rimosso dai cinema e il regista Francesco Rosi fu denunciato per vilipendio dell'esercito.
Oggi come allora il nemico lo abbiamo in casa, è chi vuole spingerci verso la guerra generalizzata nel nome degli interessi padronali e a scapito di lavoratori e strati popolari.
👉 Link al video: https://www.instagram.com/reel/DDPz3hdO3O9/?utm_source=ig_web_copy_link&igsh=MzRlODBiNWFlZA==
Apprendiamo con soddisfazione che nelle scorse settimane Seif Bensouibat ha vinto la sua battaglia legale, scongiurando l'espulsione dal nostro paese.
Come avevamo denunciato, a partire dallo scorso gennaio Seif, cittadino algerino che lavorava come educatore presso il liceo Chateaubriand di Roma, era stato perquisito senza alcun mandato nella sua abitazione, indagato, licenziato e infine condotto in un CPR a seguito della revoca dello status di rifugiato. Il motivo era la pubblicazione sui social di alcuni post in sostegno alla resistenza del popolo palestinese.
Dopo aver ottenuto a maggio una prima vittoria e la fine della detenzione nel CPR, Seif ha finalmente ottenuto la restituzione da parte del Tribunale di Milano dello status di rifugiato.
La vicenda di Seif dimostra la natura repressiva delle misure sull'immigrazione sostenute dai governi italiani di centro-destra e centro-sinistra, l'utilizzo politico dei procedimenti giudiziari a carico di chi si oppone alla politica e alla propaganda del governo e come ancora una volta la lotta paga. Il forte movimento popolare a sostegno della Palestina che da oltre un anno ha condotto in piazza milioni di persone in Italia ha infatti senz'altro giocato un ruolo nella vicenda di quanti, come Seif Bensouibat, Anan Yaeesh, Ali Irar e Mansour Doghmosh, vedono abbattersi su di loro la repressione.
Continueremo a denunciare il trattamento discriminatorio che subiscono nel nostro paese i cittadini immigrati, specialmente sulla base delle loro idee politiche o dell'adesione sindacale, e in generale le leggi repressive che fanno sì che oggi chi lotta sia sottoposto a denunce, fogli di via, violenze e censura. La repressione non ci intimidirà!
Ig Metall, il sindacato dei metalmeccanici tedeschi, ha chiesto a tutti i dipendenti della Volkswagen di astenersi dal lavoro nelle fabbriche a partire da lunedì 2 dicembre, dichiarando che lo sciopero andrà avanti a oltranza per opporsi alle migliaia di tagli di posti di lavoro annunciati dal colosso automobilistico. Questo, nonostante i profitti record macinati negli ultimi anni, vuole reagire alle nuove sfide del mercato scaricando le difficoltà sugli operai.
La crisi dell'industria delle automotive in Europa ha varie cause ma sempre un'unica risposta, il licenziamento di migliaia di lavoratori e lavoratrici.
Per chi, anche in Italia, ha creduto che il modello concertativo "alla tedesca" e, dunque, la partecipazione dei sindacati nelle scelte aziendali potesse essere una soluzione da seguire, è bene ricordare episodi come quello di questi giorni dove anche in quella Germania un tempo considerata l'economia modello nel continente assistiamo al progressivo smantellamento dei diritti fino a poco tempo fa considerati inattaccabili.
Sosteniamo i lavoratori tedeschi nella loro dura lotta contro i padroni che hanno deciso di far pagare a loro l'inevitabile crisi di un sistema insostenibile. Solo la lotta paga, solo uniti si vince.
Ricorre oggi il 96esimo anniversario della nascita di Ernesto 'Che' Guevara.
Per noi il 'Che' resta un esempio di rivoluzionario internazionalista, determinato a rovesciare i rapporti di forza capitalisti e ogni tipo di oppressione con qualsiasi mezzo, sia ideologico che militare, intenzionato a costruire a Cuba e negli altri Paesi una vera economia pianificata sotto il controllo dei lavoratori, un estimatore dell'Urss e del socialismo reale.
Per noi ricordarlo vuol dire lottare per costruire quell'"uomo nuovo" di cui lui parlava, una società in cui ognuno sente su di sé i soprusi e le ingiustizie che gli altri subiscono.
Il G7, un incontro che dimostra, con buona pace di chi vorrebbe vedere l'Italia come una semplice colonia degli americani, la centralità della borghesia italiana nella formulazione della strategia del blocco UE-NATO, del quale il nostro Paese rappresenta addirittura la terza potenza industriale.
Infatti è iniziato ieri a Fasano, in Puglia, il vertice, che ha lo scopo di coordinare e portare avanti gli interessi imperialistici del blocco euroatlantico: tra le prime decisioni vi è lo sblocco di altri 60 miliardi di finanziamenti alla guerra a Kiev, con gli asset russi congelati in occidente a fare da garanzia, un passo nella direzione dell'inasprimento del conflitto, tutto a favore dell'industria degli armamenti europea e dei capitali del continente, che da tempo calcolano i profitti della partecipazione alla ricostruzione dell'Ucraina.
Sul tavolo, anche, il nuovo progetto dei capitalisti italiani per sfruttare le risorse africane (il piano Mattei), la guerra commerciale con la Cina e, naturalmente, il sostegno a Israele; senza dimenticare alcune questioni di facciata come l'emergenza climatica e l'intelligenza artificiale.
Le ambizioni imperialiste del capitale italiano, dunque, vengono a galla in modo esplicito e sono sostenute da tutti i governi che si sono in questi anni succeduti ed è per questo che le teorie opportuniste che condannano l’imperialismo di altri paesi, mentre si nega spudoratamente l’imperialismo italiano, vanno rispedite al mittente.
Non può esistere una lotta antimperialista separata dalla lotta di classe. È solo dalla lotta contro la “nostra” borghesia, il “nostro” governo e i loro piani imperialisti, che può muovere i passi un più ampio movimento antimperialista. Se non ci si mette su questo terreno, se si fanno concessioni ideologiche sull’irriducibilità del carattere di questa lotta, si finisce nel campo dell’avversario.
Ad oggi ai comunisti restano solo due scelte: accettare di farsi cooptare in uno dei campi capitalistici in lotta, o guidare i popoli su una via autonoma e indipendente dai piani imperialisti per l'uguaglianza la giustizia sociale e la pace tra i popoli.
Nel quadro disastroso delle elezioni europee appena concluse, in cui alla quasi totale assenza di forze espressione del proletariato si aggiunge l'exploit dell'estrema destra in diversi paesi, l'unico dato positivo è il costante avanzamento del Partito Comunista di Grecia (KKE) che ha sfiorato il 10% dei consensi, un avanzamento di più di 2 punti rispetto alle elezioni politiche.
Un partito che non si è mai allontanato dai principi del marxismo-leninismo, genuinamente rivoluzionario, chiaro nella sua lotta contro le alleanze imperialiste dell'Unione Europea e della NATO, che riesce a mobilitare le piazze e le masse operaie e ha sempre maggiore seguito tra i ceti popolari greci. Il confronto con la situazione italiana, dove le residuali forze che si richiamano, anche indirettamente, agli ideali comunisti si dividono tra alleanze a intermittenza con il centro-sinistra, tattiche elettorali opportuniste e assenza di chiarezza ideologica, è impietoso.
Possiamo farcela anche noi! Costruiamo da adesso un partito comunista con una chiara prospettiva rivoluzionaria che si radichi nel fuoco delle lotte sui territori.
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