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1) NON promuoviamo teorie antiscientifiche.
2) NON facciamo né propaganda vaccinale né antivaccinale.
3) RIPORTIAMO, nel virgolettato, la traduzione letterale di ciò che scrivono gli Autori delle pubblicazioni e i relativi link alla fonte originale
Nel contesto delle correnti di pensiero dissidenti, il film Matrix del 1999 è un punto di riferimento ricorrente per rappresentare la manipolazione delle masse. Viene frequentemente utilizzato come allegoria per descrivere la nostra realtà, paragonata a una moderna caverna di Platone, dove la Matrice simboleggia la realtà costruita dal mainstream per soggiogarci. Coloro che hanno compreso la natura artificiale della Matrice e ne sono usciti sono gli abitanti di Zion, e rappresentano il dissenso (gli autoproclamati "risvegliati").
E tuttavia, coloro che paragonano la nostra realtà a Matrix spesso dimenticano un aspetto fondamentale della trama: in Matrix, il 'sistema' non è costituito esclusivamente dalla simulazione e dai suoi difensori, ma comprende anche una piccola percentuale di dissidenti che si oppongono al sistema senza rendersi conto di esserne, in realtà, funzionali. Perfino l'eletto, il protagonista del film, non è altro che un ingranaggio fondamentale del sistema. Il loro scopo è quello di offrire una valvola di sfogo sistemica, accogliendo coloro che non riescono ad accettare la Matrice e che, rimanendovi, potrebbero compromettere il funzionamento complessivo della simulazione digitale.
È curioso notare come, nell'ambito del dissenso e tra coloro che riconoscono in Matrix una sorta di allegoria della nostra realtà quotidiana, molti trascurino questo aspetto fondamentale.
Calvi amici, questo è un film davvero illuminante. E vi do anche una notizia: PARE CHE a breve uscirà un sequel piccantino, 'The Ndujaman Show'. Abbracci.
Calvi amici, un caro saluto dalla famiglia Lombardo. E ricordatevi che noi siamo oltre la destra e la sinistra, nel senso che siamo sia di destra che di sinistra. Perché a doppia identità politica corrispondono il doppio dei voti, al netto di qualche leggerissimo e del tutto trascurabile problema di coerenza. W i comunisti arcobalenati e W Donaldo Trumpo! Abbracci.
"Ohana" significa famiglia, e famiglia vuol dire che nessuno viene epurato o scremato democraticamente. (Lilo & Stitch)
Calvi amici, i cosiddetti ppppoterifffforti come degli apprendisti stregoni sono riusciti ad evocare delle potenti e incontrollabili forze oscure che mi hanno colpito senza pietà alcuna. Sono riusciti a farmi prendere il raffreddore stagionale, e adesso mi cola il nasino e la rivoluzione dei sovranisti pop-olari è a rischio. Vi prego, donate cocuzze per lo spray contro il mal di gola. Abbracci.
(Fuor di satira)
Popoli che hanno perduto la lingua
Che ne è oggi dei popoli europei? Ciò che non possiamo oggi non vedere è lo spettacolo del loro perdersi e smemorarsi nella lingua in cui si erano un tempo trovati. Le modalità di questo smarrimento variano per ogni popolo: gli anglosassoni hanno già compiuto l’intero cammino verso un linguaggio puramente strumentale e obiettivante – il basic English, in cui ci si possono solo scambiare messaggi sempre più simili ad algoritmi – e i tedeschi sembrano avviati per la stessa via; i francesi, malgrado il loro culto della lingua nazionale e forse anzi per questo, perduti nel rapporto quasi normativo fra il parlante e la grammatica; gli italiani, furbescamente insediati in quel bilinguismo che era la loro ricchezza e che si trasforma ovunque in un gergo insensato. E, se gli ebrei sono o almeno erano parte della cultura europea, è bene ricordare le parole di Scholem di fronte alla secolarizzazione operata dal sionismo di una lingua sacra in una lingua nazionale: «Noi viviamo nella nostra lingua come dei ciechi che camminano sull’orlo di un abisso… Questa lingua è gravida di catastrofi… verrà il giorno in cui essa si rivolterà contro coloro che la parlano».
In ogni caso, quel che è avvenuto è la perdita del rapporto poetico con la lingua e la sua sostituzione con un rapporto strumentale in cui colui che crede di usare la lingua ne è invece senza avvedersene usato. E dal momento che il linguaggio è la forma stessa dell’antropogenesi, del diventare umano del vivente homo, è la stessa umanità dell’uomo che appare oggi minacciata.
Decisivo è però che quanto più un popolo si smarrisce nella sua lingua, che gli diviene in qualche modo estranea o troppo familiare, tanto meno è possibile pensare in quella lingua. Per questo vediamo oggi i governi dei popoli europei, divenuti incapaci di pensare, imprigionarsi in una menzogna di cui non riescono a venire a capo. Una menzogna di cui il mentitore non è consapevole è in realtà semplicemente una impossibilità di pensare, l’incapacità di interrompere almeno per un istante il rapporto puramente strumentale con la propria parola. E se gli uomini nella loro lingua non possono più pensare, non ci si dovrà stupire se si sentiranno obbligati a trasferire il pensiero all’intelligenza artificiale.
Va da sé che questo smarrimento dei popoli nel linguaggio che era la loro dimora vitale ha innanzitutto un significato politico. L’Europa non uscirà dal vicolo cieco in cui si sta chiudendo se prima non ritroverà un rapporto poetico e pensante con le sue parole. Solo a questo prezzo una politica europea – che oggi non esiste – diventerà eventualmente possibile.
11 ottobre 2024, Giorgio Agamben.
Calvi amici, buongiorno. Mi sono svegliato con le galline solo per ricordarvi che dovete donare cocuzze, altrimenti i ppppoterifffforti vi faranno un mazzo tanto. Noi ci rivedremo alle 11 e 30 con il Controcalvo. Buonanotte.
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