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Oggi, tramite il nostro responsabile cittadino, abbiamo segnalato per l'ennesima volta lo strano stato di abbandono del verde che circonda il cippo dedicato a Norma Cossetto (all'interno del parco a Lei dedicato dal 2020 su nostra ufficiale richiesta). Perché strano? Perché già il 5 ottobre, giornata nella quale andammo a portare il mazzo di rose al cippo per ricordare l'anniversario della morte di Norma Cossetto, il prato accanto risultava essere stato tagliato e curato mentre il grande quadrato intorno al cippo assolutamente no.
Al contrario dell'importanza storica e dell'attaccamento che Il Selvaggio e CasaPound Siena danno al parco, alla ricorrenza e al cippo dedicato alla medaglia d'oro al valore civile Norma Cossetto, sappiamo perfettamente, che nella realtà dei fatti, da parte del Comune di Siena non c'è mai stato alcun interesse e trasporto verso la figura e la storia della giovane martire istriana, prova ne è, oltre alla porzione di prato abbandonata, anche lo stato di incuria della stele ormai logora dalle intemperie e dal sole.
Abbiamo dato oltre un mese di tempo per sopperire a questa mancanza, adesso basta.
NOSTRA NUOVA SEGNALAZIONE AL COMUNE DI SIENA
Domenica 24 novembre alle ore 18e30 a Siena in via Santa Caterina 54 verrà presentato il libro dal titolo "Ausiliarie dietro al filo spinato" a moderare la presentazione insieme all'autore del libro Marco Borri, per il Selvaggio, sarà Rita Siedita.
Sul finire del secondo conflitto mondiale, in un’Italia martoriata dalla “guerra civile” e pronta ad essere riconfigurata in una nuova ottica “coloniale”, gli Alleati crearono diversi “campi di concentramento” allo scopo di rinchiudervi i prigionieri di guerra. Tra questi, vi fu il P.W.E 334 – edificato nel comune di Scandicci e preso in custodia dagli americani – la cui particolarità fu quella di diventare il carcere delle volontarie del “Servizio Ausiliario Femminile”.
Questo libro – unico nel suo genere – racconta una vicenda ancora sconosciuta, raccogliendo le testimonianze e i ricordi delle tante donne che – in quei mesi terribili – furono recluse dietro il filo spinato. Le delusioni, i sogni, le idee e le speranze di queste ragazze – dimenticate da una storiografia faziosa, che ha sempre omesso i crimini ad esse inflitti per mano dei cosiddetti “liberatori” – ritrovano una forma compiuta e una narrazione coerente, colmando un vuoto inquietante e colpevole.
Una fotografia reale e nitida, che fa luce su una pagina di storia importante e senza eguali, dove il protagonismo femminile si unisce alla difesa della Patria e la fedeltà alla parola data viene onorata fino alle estreme conseguenze.
Ti aspettiamo al Selvaggio!
Qualcuno li chiamò “Fascisti da morire” e il gioco di parole un po tragico indicava chi in quell’agosto del 1944, giovane e meno giovane, dai tetti di Firenze, decise che un Popolo si libera da solo e non si fa liberare. Gran parte dell’Italia in quei giorni accoglieva le truppe di invasione alleate con l’esultanza ricorrente tra gli sconfitti e quindi con una gioia fatta di fame, di vergogna, di stanchezza e di debolezza e comprata con una scatoletta di carne texana, qualche sigaretta, un pezzo di cioccolato, insomma, con poco. Esultavano al passaggio di un “liberatore” che si era fatto annunciare da tonnellate di bombe sui civili sganciate dalla sicurezza del cielo, dai cannoneggiamenti sulle periferie e dalle fucilazioni degli ostinati.
Tutto era perduto tranne dettagli che ormai, in quel clima di generale sconfitta umiliante valevano poco quali Dignità e senso dell’Onore. Insomma, ripugnava ad alcuni la prospettiva di una resa che avrebbe pesato per sempre, offerta senza combattere e così, qualche centinaio di uomini e donne, si sistemarono con i “91” sulle tegole dei tetti, alle finestre degli abbaini, sui parapetti delle terrazze soleggiate, con un mucchietto di cartucce che al sole brillavano come oro. Iniziarono a sparare sulle divise kaki degli alleati nascoste dietro gli Sherman e anche su quei partigiani italiani accorsi all’odore del sangue e dei dollari.
I Franchi tiratori fiorentini spararono letteralmente fino all’ultima cartuccia e fino all’ultimo respiro e se ancora vivi, furono trascinati per strada e in nome di un Popolo evidentemente ingrato furono assassinati contro i muri, sui sagrati, nei portoni. Non rallentarono di quasi nulla l’avanzata del “Nuovo Mondo” ma sul piano del principio ottennero una vittoria clamorosa grazie alla quale, noi oggi, possiamo affermare che non tutti si arresero e che se siamo ancora qui a ricordarli, nonostante tutto, significa che quel sacrificio non fu inutile.
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