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Mentre il dibattito sulla fine della guerra tra Russia e Ucraina si sta animando a livello internazionale, il totale delle emissioni di gas ad effetto serra provocato dal conflitto ha raggiunto livelli catastrofici.
Dal 24 febbraio 2022, infatti, sono state prodotte più di due 200 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti.
L’impennata è avvenuta soprattutto nell’ultimo anno, che ha visto una crescita del 31% delle emissioni stesse, che ormai hanno raggiunto almeno i 229,7 milioni di tonnellate. Almeno: poiché parte dei dati relativi all’ultimo anno non sono ancora noti. Già la cifra accertata è in ogni caso drammatica. Equivale ai gas ad effetto serra dispersi nell’atmosfera terrestre ogni anno dalla somma di nazioni come Austria, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia.
Il report dell’Initiative on GHG Accounting of War, pubblicato il 24 febbraio, è stato realizzato, tra gli altri, da Svitlana Krakovska, scienziata dell’Ipcc (il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite). Secondo gli autori, la responsabilità degli impatti climatici di questo conflitto è in capo alla Federazione Russa.
L'articolo: https://valori.it/emissioni-guerra-ucraina/
Gli investimenti nella transizione ecologica europea sono insufficienti
Siamo in ritardo. Mentre Donald Trump torna alla Casa Bianca intenzionato a smantellare qualsiasi impegno per il clima, l’Unione europea tiene fede ai propri obiettivi di decarbonizzazione: meno 55% di emissioni nette di gas serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, net zero entro il 2050.
O almeno formalmente. Perché a guardare i numeri che contano davvero, quelli degli investimenti necessari per questa colossale transizione ecologica, la verità è che il Vecchio Continente è molto indietro sulla tabella di marcia.
Servono altre centinaia di miliardi di investimenti.
L'articolo: https://valori.it/investimenti-transizione-ecologica-unione-europea/
Quando è nata la nostra newsletter sulla crisi climatica, a novembre 2019, abbiamo deciso di darle un nome che sapevamo sarebbe cambiato nel tempo: 15 anni. Ovvero gli anni che mancavano al momento in cui la temperatura globale sarà di 1,5°C più alta dell'era preindustriale. Ci siamo affidati a ClimateClock e da lì abbiamo continuato ad aggiornare il conto fino ad arrivare ai 6 anni di adesso. Era un modo per rendere visibile e nominabile il tempo che passa, la quantità di CO2 che continua ad accumularsi in atmosfera, l’urgenza di agire per evitare che la crisi climatica diventi catastrofe climatica.
In questi anni, ogni venerdì, ti abbiamo parlato di clima attraverso una notizia che, il più delle volte, tracciava il collegamento tra la finanza – ovvero i nostri soldi depositati in banca, investiti, spesi per sottoscrivere una polizza assicurativa – e il clima. Da questa settimana “6 anni” cambia nome. Diventa Chicxulub.
Se non sei ancora iscritto, raggiungici. La prossima uscita è domani.
Chicxulub è un antico cratere da impatto sepolto sotto la penisola dello Yucatán, in Messico. Si è formato 66 milioni di anni fa per lo schianto di un meteorite di oltre 10 km di diametro. Lo stesso meteorite che ha dato il via agli eventi atmosferici che provocarono l’estinzione dei dinosauri.
Oggi quel meteorite siamo noi.
Chicxulub sembra un nome difficile da pronunciare. Così come sembra difficile affrontare la crisi climatica. Ma né l’una né l’altra cosa sono davvero difficili. Volendo, si può fare tutto. Intanto puoi imparare a pronunciare Chicxulub.
E questa newsletter ti aiuterà a capire, per disarmare, la crisi climatica.
Gli azionisti che «rubano» risorse alla transizione energetica
Cosa direste a chi chiede finanziamenti pubblici per poter fare investimenti ma, coi suoi soldi, investe a fatica perché preferisce continuare a far guadagnare tanto a pochi azionisti? Grosso modo è ciò che stanno facendo molte grandi aziende europee operanti in settori-chiave per la transizione energetica.
Dal 2010 al 2023, queste aziende hanno generato utili netti per 2.100 miliardi di euro e ne hanno distribuiti 1.600 agli azionisti. Oltre il 75%, più di tre euro su quattro. Se poi si considera un periodo più ristretto, dall’Accordo di Parigi (fine 2015) in poi, agli azionisti sono andati 1.100 miliardi di euro su 1.400 miliardi di utili. Oltre il 77%, quasi quattro euro su cinque. In rapporto invece al fatturato, tra 2010 e 2023 i pagamenti complessivi agli azionisti (payout), che includono dividendi e buyback (riacquisti di azioni proprie), sono addirittura quasi raddoppiati: dal 2,4% nel 2010 al 4,4% nel 2023.
L'articolo sul nuovo report di SOMO: https://valori.it/somo-azionisti-transizione-energetica/
Il clima? Negli Stati Uniti di Trump è meglio non parlarne. Era il 2021 quando un hedge fund “attivista” allora pressoché sconosciuto, Engine No.1, riuscì a sorpresa a imporre tre nomi nel consiglio di amministrazione di ExxonMobil. L’intento, che trovò il supporto di BlackRock, State Street e Vanguard, era quello di spingere il colosso petrolifero a ridurre la propria impronta di CO2. Sono passati meno di quattro anni e non c’è più traccia di ambiente o clima nel sito di Engine No.1. La californiana Parnassus Investments, che nel 2020 faceva vanto di essere il più grande asset manager focalizzato esclusivamente sui fondi ESG, ora preferisce non usare più questa sigla. Perché è stata «abusata e applicata in modo incoerente». E ha tolto dal sito e dai prospetti dei fondi ogni riferimento all’esclusione dei combustibili fossili. Di esempi simili ce ne sono a decine e dimostrano tutti la stessa cosa: Oltreoceano il clima non è più un argomento ben accetto.
Anche la rendicontazione dei rischi climatici è sempre più lontana. La Securities and Exchange Commission (Sec), l’equivalente a stelle e strisce della nostra Consob, a marzo dello scorso anno aveva pubblicato – non senza compromessi – le linee guida che le grandi società pubbliche avrebbero dovuto seguire per rendere noti i rischi climatici che possono influire sul loro business. Nate già annacquate rispetto alle ambizioni originarie, hanno avuto vita brevissima: sono state subito sospese in seguito a molteplici azioni legali, poi consolidate nell’Ottavo circuito. Quando sono state varate queste regole il presidente della Sec era Gary Gensler che, però, ha lasciato l’incarico il giorno dell’insediamento di Donald Trump. A sostituirlo ad interim Mark Uyeda. Che già all’epoca aveva votato contro e tuttora non è affatto convinto che spetti alla Sec il compito di imporre trasparenza sui rischi climatici. L’agenzia ha già preparato una memoria difensiva, ma Uyeda, senza nemmeno confrontarsi con gli altri commissari, ha chiesto alla Corte d’Appello dell’Ottavo circuito di non programmare la discussione in merito.
Ma ci si ricorda del clima quando c’è l’occasione di guadagnarci qualcosa. Per esempio attraverso le obbligazioni catastrofe, le cosiddette cat-bond. In breve, funzionano così: se si verifica un terremoto, un uragano o un altro disastro naturale, l’acquirente perde (del tutto o in parte) il capitale investito; se invece non accade nulla, riceve il rendimento pattuito. Per le compagnie assicurative, sono uno stratagemma per redistribuire i rischi. Per gli investitori, sono strumenti ad alto rendimento utili per diversificare il portafoglio. Le obbligazioni catastrofe non sono una novità, tant’è che ne avevamo già parlato su Valori.it: oggi rappresentano un mercato che vale circa 50 miliardi di dollari. La novità è che sta arrivando il primo Etf (che??? Exchange-traded fund) basato su un portafoglio di circa 75 cat-bond (sulle 250 esistenti). Sarà quotato alla Borsa di New York a partire dal mese prossimo. L'obiettivo è quello di abbassare le barriere all'ingresso e ampliare la platea di investitori. Chissà cosa succederebbe se tutte queste energie venissero spese non per mettere in salvo i profitti ma, piuttosto, per affrontare seriamente la crisi climatica prima che sia troppo tardi.
In Cina arriva il progetto della più grande diga idroelettrica del mondo, ma a pagarne le spese saranno le popolazioni locali e l'ambiente.La diga idroelettrica di Motuo, approvata da poche settimane, ambisce alla capacità di 60 gigawatt: la quantità di energia prodotta dall'intera flotta nucleare francese. Un progetto visionario, di cui si sanno pochi dettagli.
Sappiamo che potrebbe entrare in funzione entro il 2030 e che il costo stimato è di 130 miliardi di euro. Investimenti che, secondo il Ministero degli Esteri cinese, serviranno ad "accelerare lo sviluppo dell'energia pulita e combattere il cambiamento climatico".
Ma a quale costo?
Si stima che per la realizzazione del progetto potrebbero essere sfollate quasi due milioni di persone in Tibet e minaccia due villaggi e divesi monasteri. All'inizio dello scorso anno ci sono state diverse manifestazioni per chiederne la sospensione ma la risposta è stata una violenta repressione e centinaia di arresti.
La diga potrebbe avere impatti forti sull'accesso all'acqua di quasi due miliardi di persone, sulle riserve naturali protette e sulla ricca biodiversità della regione del Tibet. L'area per altro è altamente sismica. Come spiegato dal ricercatore tibetano Dechen Palmo: "C'è il rischio concreto che i terremoti provochino frane e inondazioni a valle".
Sia l'India sia il Bangladesh, attraversari dal fiume su cui nascerà la diga, si sono detti molto preoccupati dal progetto.
Le lettere di San Valentino a ING: «Il sostegno alle fossili ci spezza il cuore»
«Noi di ING ci impegniamo a mettere la sostenibilità al centro di tutto ciò che facciamo. Definendo nuovi modi di fare business in cui il Pianeta e le persone sono importanti tanto quanto la crescita economica». Solo che in inglese al centro diventa at the heart, ovvero: al cuore. Così in occasione di San Valentino una coalizione di attivisti – coordinata da BankTrack, Fossil Free NL ed Extinction Rebellion Paesi Bassi – ha colto la palla al balzo per organizzare diverse azioni dimostrative in giro per il mondo.
Dai Paesi Bassi agli Stati Uniti, dalla Repubblica Ceca all’Australia, con un’incursione anche in Italia, gli attivisti hanno spedito al colosso bancario olandese una lettera di San Valentino dal messaggio forte e chiaro. È ora di smetterla di «spezzarci il cuore» continuando a finanziare i combustibili fossili.
L'articolo: https://valori.it/ing-fossili-attivisti-san-valentino/
Domani esce 6 anni, la newsletter che Valori.it dedica, una volta a settimana, a storie e approfondimenti sulla crisi climatica.
6 anni è il tempo che manca al momento in cui la temperatura globale sarà di 1,5°C più alta dell'era preindustriale. Erano 15 quando abbiamo iniziato a inviare questa newsletter, a novembre 2019.
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